Questa settimana petrolio in calo dell’8%

 | 12.12.2014 14:24

h2 Forex News and Events/h2

Il petrolio scende ancora

Poiché l’OPEC si sta praticamente allontanando dalla gestione dei mercati globali del greggio, sono riprese le pressioni a vendere. I contratti sul greggio WTI front month (scadenza mese successivo) sono scesi a 58,89 USD, mentre il Brent è scivolato a 62,90 USD. Questa settimana il calo è stato quindi quasi pari all’8%. Nonostante i timori su un taglio della produzione e sulla debolezza della domanda globale, l’attuale movimento del prezzo suggerisce condizioni d’ipervenduto. Rimaniamo vigili inseguendo il petrolio al ribasso senza informazioni aggiuntive (anche se le strategie sulle materie prime continuano a essere corte sul petrolio). Le valute legate all’oro nero vengono vendute diffusamente. Sui mercati dei cambi, NOK, RUB e MXN hanno fatto registrare le oscillazioni maggiori, perché sono le valute maggiormente esposte a un improvviso cambiamento dei prezzi del petrolio (segnalando algoritmi per il forex). Il calo dei rendimenti norvegesi e la flessione dei prezzi del petrolio hanno fatto salire il cambio USD/NOK a un massimo pluriennale pari a 7,3674. La decisione della banca centrale russa di aumentare il tasso di 100 punti base, portandolo al 10,50%, non è riuscita a placare il mercato, oggi, infatti, gli speculatori hanno spinto l’USD/RUB a 57,974 (piccolo gap in apertura). Probabilmente gli operatori hanno visto nel rialzo del tasso un atto di disperazione e un chiaro segnale che l’economia russa è in difficoltà. Infine, l’USD/MXN ora ha superato il massimo da cinque anni a quota 14,8359, si avvicina alla banda superiore dell’1,5% fissata dal Banco de Mexico, in previsione di minori investimenti stranieri proprio ora che il Messico sta aprendo la sua industria energetica alle perforazioni private.

Vendere EUR/USD

L’euro continua a imbattersi in venti contrari. Ieri la seconda tornata del programma di prestiti quadriennali LTRO per le banche è stata deludente: gli istituti finanziari dell’Eurozona hanno richiesto prestiti solo per 129,8 miliardi di euro, meno delle attese. Il raggiungimento dell’obiettivo di Draghi di espandere il bilancio della BCE di mille miliardi di euro sembra improbabile, salvo che non ci sia un vero e proprio QE (che prevede l’acquisto di bond sovrani europei). Continuiamo a credere che l’aggressiva misura di stimolo sarà annunciata alla riunione della BCE di gennaio; ciò significa che gli operatori dovrebbero cercare di vendere sui rally dell’EUR/USD, anche se l’Europa si trova ad affrontare rischi politici interni.

Gli investitori alla ricerca di risposte alle attuali vendite sui mercati azionari non guardino oltre il nostro sicario del sentiment preferito: la Grecia. Da cinque anni l’adagio “rimandiamo finché si può” accompagna la crisi del debito europeo. Sembra che sia arrivata però un’altra fase cruciale. In tutta onestà, il mondo intero, fatta eccezione per i politici europei, ha capito che la mancanza di riforme strutturali e i 240 miliardi di euro in prestiti d’emergenza ci avrebbero riportato di nuovo verso l’abisso. Lunedì sono ripartiti i tumulti politici, perché il primo ministro greco Antonis Samaras ha annunciato che il 17 dicembre ci sarà una votazione non prevista (per l’elezione del capo dello Stato) in parlamento. Anche se la decisione mira a dimostrare la fiducia nel governo di Samaras, la posta in gioco è molto alta. In parlamento, composto da 300 seggi, la coalizione di Samaras può contare solo su 155 seggi, quindi è probabile che il candidato alla presidenza Stavros Dimas non riesca ad ottenere la supermaggioranza pari a 200 seggi (neanche al secondo turno, in programma il 23 dicembre). Se Samaras perdesse, verranno convocate immediatamente elezioni anticipate, che dovrebbero vedere la salita al potere del partito radicale d’opposizione Syriza. Malgrado qualche miglioramento economico in Grecia, la troika sta permettendo che il paese rimanga a galla e Syriza ha minacciato di annullare il piano di salvataggio. La reazione del mercato a queste nuove incertezze è evidente. I rendimenti dei bond della Grecia e dei paesi periferici dell’UE sono aumentati e le borse regionali sono in calo. Le strategie quantitative che utilizzato i tassi d’interesse vanno attivamente corte sull’EUR/USD. Come già per altri drammi politici greci del passato, gli operatori sono solo spettatori, non in grado di fornire un’analisi convincente a una situazione così dinamica e circoscritta.

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