Rally della propensione al rischio nonostante il subbuglio nei mercati

 | 13.03.2014 10:22

Nonostante i disordini che interessano molti mercati emergenti, durante la seduta asiatica c’è stato un rally della propensione al rischio. Anche se in Venezuela, Turchia e Russia (per nominarne solo alcuni) assistiamo a un’escalation della situazione, gli operatori hanno sfruttato il recente calo per tagliare le posizioni in USD. Stanotte abbiamo assistito a forti movimenti dei prezzi, dominati, per quanto riguarda le valute del G10, dalle divise oceaniane. La RBNZ più aggressiva del previsto e il dato sull’occupazione australiana superiore alle attese hanno contribuito ad aumentare la propensione al rischio. Forse ha aiutato anche la dichiarazione conciliante del primo ministro cinese Li Kequiang, secondo cui il debito locale è sotto controllo e il governo sta monitorando i rischi del sistema bancario ombra. Ha detto che alcuni casi isolati sono inevitabili, ma che il governo “aumenterà i controlli e garantirà una gestione oculata per fare in modo che non ci siano rischi finanziari sistemici o regionali”. Il leggero calo della coppia USD/CNY ha dato una scossa anche ai mercati azionari, con il Composite di Shanghai in rialzo dell’1,07% e il Kospi dello 0,3%, mentre Nikkei e Hang Seng non sono riusciti a trattenere i guadagni iniziali, cedendo rispettivamente lo 0,1% e lo 0,56%. L’AUD/USD è riuscito a scrollarsi di dosso il dato deludente sulla produzione industriale (8,6% a fronte del 9,5% previsto), perché a febbraio l’occupazione australiana è cresciuta di 47.300 unità, molto più delle 15.000 unità previste dal mercato. L’AUD/USD è rapidamente salito da 0,8990 a 0,9077. La cifra mostra miglioramenti significativi, fra cui un balzo di 80.500 unità nell’occupazione a tempo pieno (massimo dal 1991). Altrove in Asia, gli ordini di macchinari giapponesi sono cresciuti del 13,4% m/m a gennaio, rispetto al 7,1% previsto e dopo la flessione del 15,7% registrata a dicembre. L’EUR/USD ha toccato i massimi da due anni, raggiungendo quota 1,3984 all’inizio della seduta europea. Il franco svizzero (CHF) ha continuato a rafforzarsi man mano che ci avviciniamo alle elezioni in Crimea di domenica, portandosi rispettivamente a 1,2154 e 0,8713 contro EUR e USD. Le materie prime hanno avuto un andamento contrastato, l’oro si è ripreso, risalendo a 1.371 USD dopo le vendite di ieri, mentre il rame, ulteriormente colpito dalla debolezza dei dati cinesi, è scivolato ancora più in basso.

Alla riunione sui tassi della RBNZ, la banca centrale ha deciso di aumentare il tasso d’interesse di 25 punti base e il comunicato che ha accompagnato la decisione è risultato più aggressivo di quanto previsto. La banca ha lasciato intendere che sono probabili ulteriori rialzi nei prossimi mesi; è stato rivisto al rialzo il corso del tasso previsto, in virtù del quale si prevedono incrementi fino a 125 punti base nell’arco del prossimo anno. La banca centrale prevede inoltre che l’inflazione crescerà a un ritmo più veloce, salendo al 2,0% entro la metà del 2014 (rispetto alla previsione precedente pari all’1,6%). Segnaliamo che anche l’indice ponderato NZD è stato rivisto al rialzo, e ciò significa che la RBNZ non crede che una valuta più forte danneggerà l’attività economica.

Durante la seduta europea, gli operatori monitoreranno l’IPC francese dopo la debolezza del dato di gennaio. Gran parte degli analisti prevede un rimbalzo dell’inflazione, vista in ripresa sopra l’1,0% a/a, anche se c’è preoccupazione per un potenziale rilevamento deludente. Durante la seduta USA monitoreremo le vendite al dettaglio, l’audizione di conferma della Fed e il dato sulle richieste iniziali di disoccupazione. Non prevediamo grandi novità dalle vendite al dettaglio, visto che le condizioni climatiche estreme dovrebbero aver ridotto l’attività. Grazie a un piccolo aumento delle vendite di veicoli, prevediamo un rilevamento pari allo 0,1% e un leggero miglioramento del deterioramento del mese scorso riferito al commercio al dettaglio al di fuori dai negozi.

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