S&P 500 probabilmente in range più stretto nel 2023

 | 11.01.2023 11:13

  • Le condizioni finanziarie dovrebbero rimanere relativamente stabili nel prossimo futuro
  • L’S&P 500, di conseguenza, potrebbe muoversi in un range più ristretto rispetto agli ultimi anni
  • Uno scenario del genere potrebbe creare delle opportunità interessanti per i trader che cercano di battere il mercato
  • Con la prospettiva di una pausa nei cicli di rialzo dei tassi della maggior parte delle banche centrali, il 2023 difficilmente vivrà la stessa volatilità del 2022. Tuttavia, non essendoci una soluzione a breve termine all’attuale situazione macroeconomica, scommettere su un immediato rimbalzo a V sembra forzato.

    Sottolineo la parola "pausa" perché il contesto attuale non consente alle banche centrali di iniziare ad allentare le condizioni finanziarie in tempi brevi.

    Il mercato del lavoro rimane teso, i problemi della catena di approvvigionamento sono migliorati più dal lato della domanda che da quello dell’offerta, i prezzi delle materie prime sono diminuiti ma rimangono ben al di sopra della media storica e, nonostante il crollo del mercato azionario globale dello scorso anno, le valutazioni e i livelli di P/E rimangono elevati, soprattutto a fronte di costi del capitale più elevati.

    In uno scenario del genere, anche se l’inflazione dovesse scendere ben al di sotto delle aspettative del mercato nelle prossime rilevazioni, cosa che sembra effettivamente possibile, vista l’ultima serie di dati macroeconomici, un cambio di rotta riporterebbe quasi istantaneamente tutti i fattori scatenanti dell’attuale crisi.

    Tutto questo lascia la Fed praticamente bloccata tra l’incudine e il martello.

    Anche la cosiddetta soluzione del 7%, come suggerito dal presidente della Federal Reserve di St. Louis James Bullard la scorsa settimana, sembra del tutto fuori discussione.

    Secondo Bullard, la Fed dovrebbe mantenere il tasso dei fondi federali tra il 5% e il 7% per un bel po’ di tempo prima di abbassarlo per garantire che il mostro dell’inflazione venga finalmente ammansito domato da un punto di vista strutturale.

    Sebbene possa avere un punto di vista valido, la sua "medicina", somministrata durante la crisi inflazionistica degli anni ‘70, rischia di uccidere il paziente nel processo, poiché non tiene conto dell’attuale economia altamente indebitata e del livello del debito pubblico.

    Molto probabilmente, un prosciugamento della liquidità di una portata tale porterebbe a una grave crisi economica che, a sua volta, provocherebbe problemi finanziari molto più profondi del mercato azionario stesso, ovvero una crisi immobiliare, carestie e disordini politici e sociali.

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    Nonostante Powell abbia dichiarato che "ripristinare la stabilità dei prezzi quando l’inflazione è elevata può richiedere misure che non sono popolari nel breve termine, in quanto aumentiamo i tassi di interesse per rallentare l’economia", sappiamo che una crisi economica più profonda spingerebbe la Fed verso un cambio di rotta molto rapidamente.

    In più, bisogna considerare che la curva dei rendimenti invertita deve appiattirsi presto, altrimenti il sistema bancario statunitense inizierà a mostrare delle crepe. Dobbiamo tenere presente che le banche statunitensi hanno una grande influenza sul processo decisionale della Fed, sia dal punto di vista politico che finanziario.

    Il rallentamento della situazione economica inizierà presto a riflettersi anche sugli utili, spingendo i livelli di P/E ancora più su, a meno che non verifichi un ulteriore crollo.

    Come mostra il grafico seguente, la media dei P/E di Schiller è scesa significativamente lo scorso anno, ma rimane elevata in una prospettiva storica.