S&P500 e Treasury compratissimi: rischio o pacifica convivenza?

 | 24.06.2019 13:23

L'indice americano S&P 500 ha segnato la scorsa settimana nuovi massimi assoluti, mentre il titolo di stato decennale ha toccato nuovi rendimenti minimi relativi. Sia tecnicamente che dal punto di vista fondamentale siamo ad un punto importante.

Qualche ulteriore considerazione può essere fatta:

Dal 1 ottobre al 24 dicembre 2018
In un contesto di politica monetaria restrittiva, con le prime concretizzazioni di una decelerazione della crescita globale indotta soprattutto dal debole commercio mondiale, coerentemente è iniziata una inesorabile fuga dall'azionario USA a vantaggio dei titoli di stato decennali in perfetto stile fly to quality.

I flussi sono comprensibili poiché si esce dall'azionario consolidando importanti guadagni preoccupati dalla prospettiva di un calo dei fatturati, degli utili e quindi dei dividendi. Ci si posiziona sul reddito fisso assicurandosi per i prossimi anni un rendimento lordo del 3% annuo (in valuta locale).

Nell'ipotesi che i massimi del ciclo economico e dei mercati fosse già alle spalle, coloro che avessero tenuto questa condotta vedrebbero conseguito il massimo dei vantaggi: uscire su valori prossimi ai massimi dell'azionario ed entrare sul reddito fisso a lunga duration (quindi sensibile al movimento dei tassi) cavalcando il prossimo ciclo di calo dei tassi e guadagnando tanto in conto capitale.

Dal 24 dicembre al 30 aprile

Il mercato azionario riprende a salire sulle indiscrezioni che la Fed, in risposta agli aumentati rischi di instabilità per l'economia e quindi per i mercati finanziari, possa mettere in pausa la politica restrittiva fatta di aumento dei tassi e riduzione del suo bilancio.

Coerentemente l'azionario risale ma, nota apparentemente stonata, continuano gli acquisti dei Treasury. In questo caso ci si sarebbe aspettati invece una parziale uscita dal reddito fisso per finanziare gli acquisti sull'azionario. Ma non è accaduto.

Infatti, la risalita dello S&P500 è avvenuta con scarsi volumi denotando la scarsa partecipazione degli investitori i quali hanno evidentemente preferito continuare a comprare reddito fisso a manetta a mano a mano che la Fed nei suoi comunicati dava corpo alle voci su un possibile taglio dei tassi addirittura.

Giova ricordare che il taglio dei tassi ufficiali produce una riduzione del costo del denaro che le banche ottengono a monte e, a cascata, un conseguente calo dei tassi sui finanziamenti che loro offrono alle aziende. Anche le emissioni di titoli di debito sia corporate che del Tesoro incorporeranno tassi più bassi.

Questo ha come conseguenza un un aumento del valore dei titoli obbligazionari a tasso fisso in circolazione poiché assicurano un rendimento più alto di quelli che da li in avanti si renderanno disponibili in emissione a tassi più bassi. Questo produce domanda sul mercato secondario per questi titoli con coneguente aumento dei prezzi e dunque calo dei rendimenti.

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Un pezzo della spiegazione per cui, come detto, sono saliti sia azionario che obbligazionario governativo m/l termine è anche che il mercato non nutre abbastanza fiducia che un taglio dei tassi possa riportare in alto la crescita abbastanza da surriscaldare l'inflazione e giustificare di conseguenza la richiesta di rendimenti più alti sulla parte lunga della curva dei tassi.

In effetti i tassi a lungo termine si muovono principalmente sulla base delle aspettative di inflazione ed oggi, francamente, risultano mortificate. Come dire che gli operatori possono in questa fase anche accontentarsi di rendimenti più bassi visto che l'inflazione non li erode più di tanto. Ricordo che, nonostante tutto, i rendimenti reali (cioè al netto dell'inflazione) continuano ad essere positivi vista l'inflazione generale al 1,8%.

Ora siamo ad una possibile resa de conti perchè i titoli decennali sono al 2% di rendimento, quelli a due anni al 1,8% ed il dividend yield (cioè il rendimento da dividendi stante l'attuale livello dei prezzi delle azioni) sullo S&P500 al 2% anch'esso.


Ciò significa che il rendimento che può essere conseguito sull'azionario (a parte le considerazioni sul rischio che bisogna accollarsi per ottenerlo) è pari o superiore a quello ottenibile sul reddito fisso “risk free”.

Dal 1 maggio al 3 giugno
il mercato azionario ha ripreso a salire sulle parole della Fed la quale lascia intendere che un taglio dei tassi effettivamente non è più un'ipotesi ma una roba concreta, forse già a luglio. Almeno questo dicono i futures sui Fed Funds.

Questa volta sono da notare i volumi in aumento che hanno accompagnato la crescita dell'azionario a differenza del precedente rialzo, ma la nota stonata è che ancora il decennale americano continua ad essere acquistato, anche se con minore enfasi va detto.

Oggi il rendimento del decennale ha toccato il minimo osservato a settembre 2017 e su questi valori ha abbozzato un rimbalzo denotando, forse, la volontà di tirare i remi in barca.