Sui mercati emergenti permane la volatilità

 | 19.12.2014 13:11

h2 Forex News and Events/h2

In vista del fine-settimana, le contrattazioni sui mercati valutari dei mercati emergenti continuano a essere contraddistinte dal nervosismo. Inoltre, la bassa partecipazione e le scarse condizioni di liquidità stanno amplificando l’agitazione sui mercati dei cambi. Nella settimana che si conclude il 19 dicembre l’impennata massiccia della volatilità ha interessato i mercati della lira. L’aumento della volatilità della TRY è da imputare a fattori interni ed esterni. Gli arresti di giornalisti turchi, il crollo al minimo del petrolio, le pesanti vendite di RUB, l’intervento a sorpresa sui tassi della BCT e il nervosismo generato dal FOMC hanno contribuito al rally dell’USD/TRY, che il 16 dicembre ha raggiunto il massimo storico pari a 2,4146. Per la prima volta da marzo, la volatilità implicita a un mese si è impennata al 15%. L’EUR/TRY ha testato la zona di resistenza a 2,9488 / 3,00 (38,2% di Fibonacci sul calo da gennaio e novembre / livello psicologico). C’è stata un’accelerazione delle vendite di titoli di stato turchi nella settimana conclusasi il 12 dicembre (718 mln USD), fattore che ha fatto aumentare i rendimenti dei titoli sovrani per tutte le scadenze, con un impatto maggiore sulle scadenze più brevi, viste le apprensioni crescenti. Il tasso di prestito interbancario ha raggiunto il corridoio superiore (11,25%) fissato dalla banca centrale. Le strategie di negoziazione che si orientano sul momentum continuano ad avere prestazioni sotto la media.

Il crollo del petrolio non è d’aiuto

Il significativo calo dei prezzi del petrolio non ha avvantaggiato la TRY, anche se i costi energetici più bassi favoriscono una contrazione del deficit delle partite correnti e fanno abbassare l’inflazione. I flussi di carry trade inversi hanno raffreddato sensibilmente l’appetito per le valute ad alto rendimento, soprattutto considerando che il differenziale dovrebbe compensare l’inflazione superiore al 9% sugli investimenti turchi.

C’è stato un sensibile recupero della base valutaria incrociata a 3 mesi della TRY nei confronti di EUR e USD, parallelamente alle volatilità del forex, a conferma che la propensione per lo spread fra i tassi ora viene compensato pienamente dalle volatilità negative per la TRY. Crediamo che il contesto volatile calerà verso la fine dell’anno, alla luce dell’impostazione prudente della Fed prima della normalizzazione del tasso e visto che la BCE che si prepara a un vero e proprio QE.

La Turchia annuncerà la sua decisione il 24 dicembre

Il 24 dicembre la Banca Centrale di Turchia (BCT) annuncerà la sua decisione. Il 12 dicembre, il presidente Erdogan ha detto che i tassi dovrebbero calare ancora, in modo da sostenere la ripresa economica. Nonostante le recenti agitazioni sui mercati, riteniamo che le pressioni politiche freneranno la BCT dall’intervenire sui tassi prima della fine dell’anno. A questo punto, la BCT dovrebbe preferire il ricorso a strumenti non convenzionali per raffreddare le volatilità sul forex. Ciò nonostante, il comunicato che accompagnerà la decisione dovrebbe continuare a presentare toni decisamente da falco.

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La crisi russa

Cosa fai quando la fiducia degli investitori si è esaurita e la valuta è al collasso? Se sei il presidente russo Putin, indici una conferenza stampa che ricorda un’assemblea comunale, durante la quale un ex agente del KGB rassicura tutti che tutto è sotto controllo. Una volta chiarita la situazione, dopo che tutte le “domande” avevano trovato risposta, gli operatori non avevano comunque sentito quali misure saranno messe in campo per far fronte all’attuale crisi. Facciamo un breve riepilogo sugli eventi che hanno portato al collasso del rublo. Da quanto il petrolio ha iniziato a cedere terreno, il rublo è stato interessato da pressioni a vendere. Ciò ha costretto la banca centrale russa a rimuovere la fluttuazione controllata, che aveva permesso al rublo di svalutarsi in modo controllato. Le cose sono iniziate a peggiorare davvero quando la banca centrale ha detto che il petrolio sotto i 60 USD avrebbe fatto entrare la Russia in una grave recessione. Il rapido declino dei prezzi del petrolio e le sanzioni hanno generato scarsità di riserve straniere, creando una folle corsa alla liquidazione di rubli. Presa dalla disperazione, la Banca Centrale di Russia ha poi inaspettatamente alzato il tasso d’interesse principale dal 10,5% al 17%, decisione che ha fornito stabilità solo per qualche ora, prima che gli operatori fossero presi dal panico e facessero raggiungere all’USD/RUB un picco pari a 79,16 (-43% nell’arco di tre mesi). Dalla disfatta di martedì, il rublo si è ripreso, attestandosi a quota 60 contro l’USD.

Le soluzioni proposte finora sono banali ed evitano i problemi veri. In teoria, gli esportatori si sono accordati nel limitare le riserve straniere ai livelli del primo ottobre e il primo vice governatore della Banca Centrale russa, Ksenia Yudayeva, ha detto che la banca è pronta a iniettare mille miliardi di rublo nel circuito bancario nazionale per assicurare la stabilità finanziaria. Circolano inoltre voci su opzioni più radicali, come controlli stringenti sui capitali. L’economia russa è in stagnazione, come emerge dalla debolezza della produzione industriale e dalla fiacchezza delle vendite al dettaglio, mentre gli investimenti delle aziende russe sono in calo perché iniziano a farsi sentire le sanzioni occidentali (contrazione prevista nel 2015: -4,5%). Preoccupa inoltre il fatto che le grandi società che ricorrono all’effetto leva potrebbero non essere in grado di rimborsare i debiti e quindi incombono possibili revisioni al ribasso del rating. Sul fronte politico, non crediamo che questi eventi possano mettere a repentaglio la popolarità del presidente Vladimir Putin. Come per ogni politico, la stabilità e la crescita economica sono cruciali per mantenere il controllo; Putin, tuttavia, ha contestualizzato gli attuali eventi come un attacco sulla Russia da parte dell’Occidente, e non come un errore o un orientamento fuorviante legato alla sua leadership. Ecco un’altra guerra mediatica vinta da Putin.