Tesla tra mito e realtà

 | 31.07.2020 16:10

Quando si affermano fenomeni particolarmente innovativi, specie se di portata globale, è frequente osservare una polarizzazione di giudizio netta.

La motivazione, da un punto di vista psicologico, è che di fronte alla complessità e in assenza di capacità di valutare tecnicamente nel merito un fenomeno ci si rifugia in una scorciatoia inconscia del tipo: è elettrica dunque non inquina, è originale, quindi è socialmente accettabile essere favorevole. Non si va certo a fare un’analisi chimico-fisica del fenomeno.  

L’argomento “Tesla” è uno di quelli che non fa prigionieri: o si è con lei altrimenti si è contro di lei! Come per la Smart, o la si ama oppure più frequentemente non ne sopportiamo la vista per le strade, soprattutto quando fanno sembrare libero un parcheggio in verità occupato da lei.

Da un punto di vista psicologico, senza necessità di scomodare gli scienziati, la polarizzazione dei giudizi che da subito si produce (o la amo o non la sopporto!) in occasione di innovazioni così forti, sembra abbastanza spiegabile con una sorta di sintesi che la psiche effettua per diverse ragioni. Una di queste attiene alla paura di morire.

Detta così sembra poco comprensibile ma pare che il cervello umano vada costantemente alla ricerca di semplificazioni dei processi per rendersi la vita semplice e non sprecare preziose risorse (sempre più scarse tra l’altro) che sono invece richieste nell’analisi di situazioni complesse.

Si tende insomma a prendere scorciatoie inconsce di fronte agli impegni perché è più comodo oltre che meno dispendioso. Ciò evolutivamente sembra garantire maggiori possibilità di sopravvivenza.

Comprendere in pieno le implicazioni del produrre auto totalmente elettriche con le attuali conoscenze tecniche non è così immediato. Ci sono analisi di persone competenti che mettono ad esempio in dubbio il robusto e supposto risparmio di impiego delle scarse risorse della terra per unità di produzione. Sarà vero, sarà falso? Non lo so. Non avrei ovviamente alcuna competenza per esprimere un giudizio al riguardo. E’ roba da tecnici.

Comunque, il concetto di cui parliamo è quello delle innovazioni straordinarie, nel senso letterale del termine di “non ordinarie” cioè non osservabili facilmente.

Trovo utile un parallelismo con la comparsa di Berlusconi in politica allorché fece nel 1994 la sua famosa “discesa in campo”. Il contesto era quello che giornalisticamente verrà definito come “Prima Repubblica”, una politica fatta cioè da professionisti, rituali, autoreferenziali, poco creativi, poco comunicativi percepiti insomma dagli elettori come non più attuali.

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Quello che avvenne con Berlusconi fu qualcosa di mai visto prima. Per usare un’espressione di Guido Carli, uno dei più illuminati governatori della Banca d’Italia, Berlusconi col suo modo di porsi aveva “spostato il ring” inteso come terreno di confronto da un’altra parte spiazzando inesorabilmente tutti e attirando attorno alla sua carismatica figura gran parte dell’elettorato italiano togliendo praticamente il terreno sotto ai piedi alla vecchia classe dirigente usando espressioni come “azienda Italia” invece che Italia come facevano i politici “vecchi” facendo sognare un paese nuovo efficiente e vincente.

La novità fu dirompente, esattamente come Tesla (NASDAQ:TSLA) nel settore automobilistico. In verità sarebbe riduttivo circoscrivere il pensiero di Elon Musk alla semplice idea di fare andare le auto a batteria perché è più conveniente. E’ qualcosa di più grande come dimostrano i progetti che contemporaneamente porta avanti in altri settori.

Parliamo di un visionario, nel senso positivo del termine, le cui idee ed intuizioni possono essere apprezzate in pieno se si fa uno sforzo supplementare che ci ponga su un livello più profondo dove lui abitualmente si muove.

Questi usando la tecnologia disponibile a tutti ha avuto l’intuizione di puntare decisamente sull’idea di automobili esclusivamente elettriche e non per una élite di ricconi ma progressivamente per la donna e l’uomo comune. In quest’ottica il parallelismo con l’altra intuizione che a suo tempo illuminò l’opera di Ford, di dare cioè una automobile a tutti, è molto stretta.

L’idea di Musk non era certo nuova ma all’inizio si stava piuttosto sviluppando blandamente come un processo di graduale diversificazione dell’offerta da parte di case automobilistiche storiche le quali godendo di un modello di business consolidato programmavano con gradualità il passaggio all’elettrico.

Come in una gara ciclistica, Tesla è il corridore che ha prodotto uno scatto in avanti creando un vuoto improvviso quanto inaspettato tra lui ed il gruppo di inseguitori. Questo da un lato lo pone in posizione di vantaggio (competitivo) ma allo stesso tempo induce una reazione negli avversari (competitors) i quali a questo punto sono costretti a riorganizzarsi per cercare di rintuzzare l’attacco cercando di ridurre il gap e sognando di riprendere il fuggitivo.

Ad esempio si apprende che Renault (PA:RENA) oggi è diventata la casa con la maggiore quota di mercato in Europa.
Musk in sostanza ha scompigliato le carte col suo progetto trascinando con prepotenza il futuro verso il presente tra diffidenza e invidia industriale.

A tal proposito, nella tecnica industriale si distingue tra innovazione di processo e di prodotto. La prima riguarda qualunque novità nel modo di produrre un bene che abbia come effetto quello di migliorare l’efficienza del processo con l’attesa di una migliore efficacia e quindi redditività. La seconda attiene alla capacità di migliorare un prodotto esistente in modo radicale tale per cui venga percepito come nuovo.

In ambito automobilistico, esempio di innovazione di processo è stato certamente l’impiego delle macchine a controllo numerico che hanno rivoluzionato le catene di montaggio. Oppure l’esempio di Toyota che con la sua logica “just in time” nel secolo scorso ha ripensato il processo produttivo eliminando sostanzialmente il magazzino.

Giusto i giapponesi potevano realizzare questa innovazione. In pratica non si produce per il magazzino, come tutti facevano nella seconda metà del novecento, ma solo su input della domanda finale. La produzione e le catene di approvvigionamento erano talmente efficienti che ci si metteva al lavoro solo seguendo il ritmo delle richieste da parte dei consumatori finali. Risultato: tendenzialmente zero magazzino e zero immobilizzazioni finanziarie connesse. Una rivoluzione!

Le auto Tesla, totalmente elettriche, sono esempio di innovazione di prodotto: non produci cioè semplicemente una novità che permette di migliorare le auto a combustibile fossile ma semplicemente non le fai più con tubo di scappamento. Auto totalmente elettriche: un’altra roba!

A questo punto sento già impellente la necessità di chiarire che sono assolutamente neutro di fronte al fenomeno Tesla. Professionalmente, essendo consulente finanziario, non è utile per me ed i miei clienti attestarsi su posizioni ideologiche mentre risulta più intelligente capire come meglio trarre beneficio da questa come altre aziende nelle scelte di investimento.

Tornando al fenomeno Berlusconi, vedrete che è utile il parallelismo, si capisce come una parte del suo consenso elettorale fu dovuto ad un ingrediente non tangibile, solo immaginabile, capace di rilasciare endorfine a iosa: il sogno. L’idea cioè di qualcosa non solo di assolutamente nuovo ma anche migliore.

Questo per dire che necessariamente una parte del consenso politico fu un atto di fiducia preventiva ed un ringraziamento per la sensazione di esclusività e originalità che l’aderire a quel pensiero regalava.

Allo stesso modo, di fronte alle vetture elettriche immaginate da Musk si è creato un grande consenso su un argomento molto attuale e sentito come quello della generica tutela dell’ambiente.

A tale riguardo il marketing applicato al mercato delle automobili è a mio giudizio tra quello più interessante e facile da leggere. Le leve su cui agire sono ben definite e direi molto efficaci.

I dati statistici indicano che al momento dell’acquisto di un’automobile la componente emotiva sia predominante nell’acquirente, emozioni che gli addetti alle vendite sono abilmente formati per intercettare e manovrare opportunamente. Ad esempio se si valuta l’acquisto di un prodotto di uso quotidiano che costa 300 euro e l’aggiunta o meno di un componente fa oscillare il prezzo finale di altri 100 euro siamo attenti e cerchiamo di risparmiarci quel di più. Invece acquistando un’automobile da 50.000 euro i venditori riescono a farci accettare con poche e convincenti argomentazioni un optional che non ci servirà a nulla da li in avanti pagandolo lo stesso 100 euro. In entrambi i casi si tratta di 100 euro ma che hanno evidentemente un peso diverso in condizioni emotive diverse.

Per tornare più aderenti al tema Tesla e spiegare molto bene questo concetto di “atto di fede” verso un marchio o uno status symbol cito una recente indagine di Altroconsumo condotta su 43 mila automobilisti in Europa (Altroconsumo inchieste – febbraio 2020) in cui sostanzialmente si indaga la affidabilità e la soddisfazione. Ebbene Tesla è all’ultimo posto circa l’affidabilità (Fiat (MI:FCHA) fa meglio!) mentre è ai vertici come soddisfazione che regala.