Un cambiamento alla Fed o al Congresso influirebbe in modo significativo sull’oro

 | 25.10.2018 14:30

Il Presidente USA Donald Trump ha ribadito le sue critiche agli aumenti dei tassi della Federal Reserve ieri, alimentando le speculazioni che possa cercare di licenziare il Presidente della banca, Jerome Powell. I sondaggi sulle elezioni di metà mandato, intanto, indicano che i Repubblicani potrebbero perdere il controllo del Congresso. Se si dovesse realizzare una di queste due eventualità, sarebbe una pacchia per i fan dell’oro, ancor più di qualsiasi evento geopolitico o scontro commerciale di quest’anno, dicono gli analisti.

In un’intervista al Wall Street Journal ieri, Trump è ripartito all’attacco di Powell, affermando che il capo della Fed sembra divertirsi ad alzare i tassi di interesse e a sconvolgere le “grandi” cose che sta facendo il suo governo.

Sebbene riconosca l’indipendenza della Fed nel decidere la sua politica economica, il Presidente ha affermato chiaramente di volere dei tassi più bassi, si legge sul Journal. Il mandato di quattro anni di Powell al timone della banca centrale USA è cominciato a febbraio ed è già stato caratterizzato da tre aumenti dei tassi.

A difesa della Fed, il Journal sottolinea che la solida crescita economica, la riduzione della disoccupazione e l’inflazione vicina all’obiettivo desiderato del 2% hanno spinto la banca centrale ad alzare i tassi per evitare il rischio di una crescita non sostenibile che potrebbe presentarsi sotto forma di inflazione più alta o bolle finanziarie. Prima del dicembre 2015, la Fed aveva mantenuto i tassi vicini allo zero per anni, un altro punto critico per Trump, secondo cui il suo predecessore Barack Obama aveva un accordo ineguagliabile.

h3 La resa dei conti Trump-Fed potrebbe essere una cosa grossa per l’oro/h3

Clint Siegner, analista dei metalli preziosi e direttore dell’agenzia di brokeraggio Money Metals Exchange ad Eagle, in Idaho, ha scritto in un post sul blog questa settimana che l’eventuale decisione di Trump di licenziare Powell potrebbe essere una cosa grossa per l’oro.

Quanto grossa esattamente Siegner non l’ha detto. Ma in un suo precedente post pubblicato solo due giorni prima dell’intervista al Journal, sottolineava:

“Malgrado ciò che dicono i funzionari della banca centrale, non sono indipendenti. Ci chiediamo se risponderanno alla richiesta del presidente di fermare l’inasprimento, o se il cartello dei banchieri privati che ha il controllo formale della Fed abbia in mente altro”.

Oltre ad accusare la Fed di rallentare la crescita economica, Trump ha inoltre dato la colpa alla banca centrale per il tonfo di Wall Street dai massimi storici, nota Siegner. Se il presidente e i suoi colleghi Repubblicani dovessero cedere il controllo del Congresso ai Democratici alle elezioni di metà mandato del 6 novembre, come prevedono numerosi siti di sondaggi, il tonfo dei mercati azionari potrebbe peggiorare, spingendo il presidente sull’orlo dello scontro con la Fed.

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Scrive Siegner:

“Un ulteriore sell-off, magari scatenato dalla sconfitta dei Repubblicani ai seggi, potrebbe spingere Trump a rimpiazzare Jerome Powell con qualcuno più disponibile, soprattutto se (la Fed) si atterrà al piano con un altro aumento a dicembre ed ulteriori interventi successivi”.

“I mercati dei metalli probabilmente schizzerebbero in seguito ad un’inversione di rotta nella politica della Fed”.