USD in rialzo con operatività a singhiozzo, ulteriore calo dell’EUR/USD

 | 27.03.2015 15:40

h2 Forex News and Events/h2

I mercati globali continuano a operare in modo instabile e sconnesso. I mercati azionari hanno avuto un andamento contrastato. Il principale indice azionario giapponese è sceso dell’1% dopo le deboli sedute in Europa e USA e il fragile dato sull’IPC di fondo. Ciò nonostante, i listini cinesi, australiani e neozelandesi hanno guadagnato terreno. Sui mercati valutari, l’USD ha dominato le valute del G10, facendo segnare solidi rialzi su NOK e NZD. I mercati si aspettano un accordo europeo con la Grecia, le casse pubbliche ormai sono quasi vuote e stanno per scadere pagamenti consistenti. Gran parte degli operatori prevede un’altra soluzione -rattoppo alla crisi europea, ma più ci avviciniamo alla scadenza più i mercati diventano nervosi. Stando alle ultime notizie, la Grecia presenterà delle misure chiave per aumentare le entrate fiscali e sostenere nuovi investimenti nel quadro di un nuovo accordo sulle riforme che Bruxelles esige prima di mettere a disposizione fondi ulteriori. Il tono rialzista dell’EUR/USD si è smorzato dopo che la coppia ha bucato la resistenza a 1,1043, scendendo poi rapidamente a 1,0821. Un’incursione sotto 1,0890 rimuove il rischio di una ripresa di breve termine e l’attenzione torna a essere puntata sul supporto a 1,0463. Altrove, nell’Eurozona, il presidente della BCE Draghi ha dichiarato che il programma di acquisto di bond delle banche centrali questo mese raggiungerà l’obiettivo dei 60 miliardi di euro per la prima volta dall’inizio dell’operazione. Secondo Draghi, “le riduzioni del tasso d’interesse vengono trasmesse a tutti i canali d’intermediazione finanziaria e la contrazione del credito sta diminuendo”.

L’USD/JPY inverte la marcia dai minimi a 118,33, ma gli scambi sotto quota 120,20 suggeriscono una continua pressione ribassista. L’IPC giapponese annuale di fondo si è fermato bruscamente, dopo essere cresciuto per quasi due anni, scendendo al 2,2% dal 2,4%. Secondo noi, questo dovrebbe essere l’inizio della disinflazione in Giappone e ciò spingerà la BoJ a espandere gli stimoli monetari nel quarto trimestre del 2015. Sempre per quanto riguarda i dati diffusi in Giappone, a febbraio il tasso di disoccupazione è sceso al 3,5%, mentre le vendite al dettaglio sono calate dell’1,8% a/a, rispetto al -1,5% previsto. Il greggio Brent è sceso di un dollaro, da 59,78 USD, perché sono rientrati i timori per possibili interruzioni alla fornitura nello Yemen, in scia alla pausa dei raid guidati dall’Arabia Saudita. Visto il calendario economico scarno di appuntamenti, nelle prossime ore gli operatori si concentreranno sul discorso della presidente della Fed Yellen sulla politica monetaria. Le attese di un rialzo dei tassi della Fed subiscono un ritardo, a causa della confusione e dei comunicati discreti del FOMC, che hanno favorito vendite generalizzate di USD. Ciò nonostante, sospettiamo che il gioco di parole miri a raffreddare le pressioni univoche sull’USD e non a indicare una svolta nel corso della politica. Continuiamo a prevedere un rialzo del tasso a giugno. Per questo motivo rimaniamo ribassisti sull’EUR/USD e vediamo nei rally attuali opportunità per ricaricare i corti.

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La Cina e i DSP

Con una brusca inversione, lo yuan ha cancellato quasi tutte le perdite del 2015 contro il biglietto verde. Questo cambio di direzione è dovuto in parte alla revisione delle attese sul primo rialzo del tasso della Fed (vendite generalizzate di USD). Questa mossa, però, è stata determinata anche dal significativo intervento della PBoC sul forex, che suggerisce un impegno più marcato della banca centrale. Contemporaneamente, il governatore della Banca Popolare Cinese Zhou Xiaochuan ha detto esplicitamente che l’obiettivo del governo cinese è internazionalizzare lo yuan. C’è davvero una spinta per riposizionare lo yuan, conferendogli l’immagine di un asset stabile, non legato ai mercati emergenti che può essere scambiato liberamente.

Potenzialmente, e non è un caso, il FMI sta rivedendo i Diritti Speciali di Prelievo (DSP) e la Cina spera che lo yuan venga incluso nel paniere delle valute di riserva. La composizione del paniere DSP (USD, EUR, JPY e GBP) viene rivista ogni cinque anni e vari rapporti indicano che lo yuan ha mancato di poco l’obiettivo nel 2010. Un criterio del FMI per l’inclusione è che le valute siano utilizzabili liberamente e che “vengano usate diffusamente per eseguire pagamenti per transazioni internazionali e siano scambiate diffusamene sui principali mercati”. Negli ultimi cinque anni, la crescita dei volumi di contrattazioni in yuan e il suo utilizzo per gli scambi internazionali sono saliti alle stelle. Tuttavia, l’ostacolo è rappresentato dall’interpretazione di “liberamente utilizzabile”. Il requisito che lo yuan sia “liberamente” convertibile non è stato soddisfatto. Nonostante i notevoli sforzi volti a internazionalizzare lo yuan, esso è ancora lontano dall’essere “liberamente” convertibile. Anche se la Cina ha raggiunto altri traguardi importanti, come la percentuale nei commerci globali e il volume di contrattazioni in yuan, il semplice fatto che gli investitori non possano fare una scommessa cospicua in Cina fermerà l’inclusione.

Si tratta, però, di una decisione molto politica. Poiché non ci sono regole ferree per l’inclusione nel paniere DSP, c’è un aspetto discrezionale fondamentale che richiede un voto a maggioranza del consiglio del FMI per approvare qualsiasi modifica. Tale aspetto discrezionale rende l’esito altamente incerto. Comprendiamo le ragioni di un “no”, ma ci sono ragioni valide per il G20, guidato dagli USA, per dire “sì”. La Cina sta chiaramente crescendo e gioca un ruolo sempre più importante sul palcoscenico globale. Gli USA potrebbero vedere nell’inclusione un modo affinché la Cina acceleri la liberalizzazione finanziaria e allo stesso tempo darebbe alla Cina un ruolo di leadership con una forte dipendenza dai partner del G20. L’inclusione nei DSP e un ruolo maggiore nel FMI potrebbero far diminuire l’impegno della Cina per la Banca asiatica d’Investimento per le infrastrutture (che preoccupa gli USA).