"Whatever it takes"

 | 07.04.2022 10:58

“Whatever it takes” la celebre frase che il governatore della BCE Mario Draghi pronunciò il 26 luglio 2012, nell'ambito della crisi del debito sovrano europeo, viene nuovamente rispolverata nella sua versione italiana. Ieri, nella conferenza stampa del Consiglio dei Ministri (CdM), il Premier Mario Draghi ha sostenuto:

noi sicuramente faremo tutto ciò che è necessario per aiutare famiglie, imprese, per preservare il potere d'acquisto dei salari, delle pensioni. Tutto quello che è necessario all'interno, naturalmente, di una cornice di decisioni europee, di equilibrio dei conti. La disponibilità del governo c'è ed è totale”.

Un discorso quindi che rimarca, in un qualche modo, quello del 2012, dove oltre che ai fatti i mercati richiedono anche rassicurazioni e forti intenti.

I numeri chiave del quadro programmatico nel Def confermano che l’invasione russa in Ucraina ha di fatto arginato la corsa della crescita italiana, con il primo trimestre dell’anno che si chiude con un Pil in calo dello 0,5%. La crescita tendenziale rallenta al +2,9%. Entro la fine del mese, con il Def approvato dal Parlamento, un nuovo decreto da 5 miliardi proverà a limitare i danni con un effetto espansivo che dovrebbe portare l’obiettivo di crescita al 3,1 per cento. Inflazione, che ricordiamo in Italia si è assetata al 6.7% - nella sua ultima lettura preliminare di marzo - ha almeno, in un certo senso, offerto un assist al governo, riducendo il peso contabile di deficit e debito.

Listini azionari, che nella seduta di ieri, hanno continuato il percorso di correzione iniziato martedì, con in Europa il tema sanzione al centro delle preoccupazioni mentre negli Stati Uniti un Federal Reserve più falco fa inciampare soprattutto i titoli tecnologici e di crescita – con il Nasdaq 100 che ha chiuso per la seconda seduta consecutiva la sessione in calo di oltre due punti percentuali.

I verbali della Fed, pubblicati ieri sera, ci hanno offerto alcuni indizi su come la banca centrale americana stia valutando il piano di rialzo dei tassi e di riduzione del bilancio. Non ci sono state rivelazioni sorprendenti, sebbene si sia confermato che il resto della Fed è seriamente intenzionato a combattere l'inflazione attraverso rapidi cambiamenti di politica monetaria. In particolare, le trascrizioni hanno alzato il velo su dettagli su come la banca centrale americano inizierà a ridurre il suo bilancio, uno strumento che la Fed può usare per aumentare indirettamente i tassi a lungo termine.

Il mercato è alla ricerca di maggiori certezze, e i verbali hanno fornito alcuni dettagli cruciali su come la stessa banca stia valutando i rischi d'inflazione nell'ambiente attuale. Ma gli investitori starebbero ancora permettendo alle loro paure di avere la meglio al momento. La Fed ha dichiarato in passato che è impegnata nella flessibilità, ma è difficile vederla prendere una posizione più forte sui rialzi dei tassi rispetto a quello che il mercato già si aspetta. E questa disparità, tra le aspettative del mercato e le mosse effettive della Fed, potrebbe aprire la porta per altri rally “di respiro” lungo la strada. I dati economici e sugli utili, anche se sotto pressione, sembrano decenti, e la Fed è ancora consapevole dei rischi persistenti per la crescita futura.

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Restando in tema di verbali, oggi saranno rivelati quelli della Banca Centrale Europea relativi alla riunione di marzo. L'attenzione sarà naturalmente rivolta alle prospettive di inflazione, ai rischi di recessione e al ritmo della futura normalizzazione delle politiche. Con una BCE che registra un’inflazione al 7,5%, al livello più alto di sempre, e allo stesso tempo mantiene ancora i tassi d’interesse a livelli minimi, assistiamo una grandissima disconnessione tra politica monetaria e aumento del carovita. Ovviamente, la scelta non è delle più semplici, con il rischio che un aumento anticipato dei tassi possa far deragliare la già fragile crescita europea.