WTI: con il prezzo vicino a 50$ arriveranno i compratori?

 | 06.06.2019 11:12

Reuters riferisce che alcuni funzionari OPEC stiano ripensando l’idea di estendere dei tagli alla produzione di greggio oltre giugno. Ad oggi, il consenso prevalente è stato che l'OPEC dovrebbe mantenere i tagli entro la fine di quest'anno al fine di riequilibrare il mercato.

La rapidità con cui è avvenuto il riequilibrio tra domanda e offerta ha però sorpreso la maggior parte degli analisti e probabilmente ha sorpreso anche l'OPEC stesso. Mentre venivano tolti dal mercato 1,2 milioni di barili al giorno, le sanzioni statunitensi hanno messo a rischio un numero ancora maggiore di forniture dal Venezuela e dall’Iran. A marzo, la produzione petrolifera venezuelana è crollata di 289.000 barili al giorno, scendendo a 732.000 barili (secondo fonti non ufficiali OPEC).

Nel frattempo, la produzione iraniana ha tenuto un po' meglio, ma ha comunque sofferto cali significativi rispetto allo scorso anno e, nel frattempo, sono scadute le deroghe che gli Stati Uniti hanno concesso a otto paesi importatori di greggio iraniano. Secondo Bloomberg, il Segretario di Stato Mike Pompeo è ora preoccupato che un approccio troppo aggressivo possa creare uno shock sui mercati petroliferi.

Nel frattempo, l'OPEC sta osservando da vicino tutti questi eventi. Il ministro saudita del petrolio, Khalid al-Falih, ha ripetutamente suggerito negli ultimi mesi che i tagli alla produzione dell'OPEC probabilmente verranno estesi. L’organizzazione dei paesi produttori teme che possa succedere quello che è accaduto l’anno scorso, quando si è verificato un crollo dei prezzi.

Probabilmente, questa volta l'OPEC aspetterà che il presidente degli Stati Uniti prenda una decisione definitiva in merito alle esenzioni iraniane. L'emissione a sorpresa delle deroghe, è uno dei motivi per cui l’anno scorso i prezzi sono crollati nel quarto trimestre.

Secondo Reuters, l'OPEC potrebbe decidere di aumentare la produzione dai livelli attuali se gli Stati Uniti adotteranno una linea dura e metteranno fuori dal mercato ulteriori forniture di Iran e Venezuela. Questa interpretazione segue i commenti del presidente russo Vladimir Putin che sarebbe poco propenso a togliere altro petrolio dal mercato. Il ministro dell'Energia russo Alexander Novak aveva aggiunto che non sarebbe necessario estendere i tagli se il mercato avesse raggiunto un equilibrio.

Il quadro complessivo sembra sempre più ingarbugliato e qualcuno scommette che un inasprimento della situazione potrebbe fare saltare l’accordo OPEC.

Il blocco dell'industria petrolifera venezuelana ha portato alla carenza di fornitura del prodotto “pesante”. I raffinatori negli Stati Uniti e in Europa hanno iniziato a sostituire il petrolio venezuelano con quello dei paesi più vicini, mentre il più grande importatore del mondo, la Cina, ha cercato di comprarlo dagli altri produttori dell’America Latina.

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Il Brasile sta emergendo come un grande vincitore delle sanzioni al Venezuela. Infatti, nel primo trimestre del 2019 ha aumentato le esportazioni verso la Cina e si prevede che aumenterà ulteriormente le vendite e la sua quota di mercato verso il principale importatore del mondo. Il Brasile, insieme agli Stati Uniti, è uno dei pochi membri non OPEC in grado di aumentare significativamente la propria produzione nel breve termine, mentre il Canada ha problemi infrastrutturali che ne limitano le esportazioni.

L'azienda petrolifera brasiliana statale Petrobras ha affermato che lo scorso anno la Cina ha assorbito i due terzi delle sue esportazioni di petrolio. Secondo i dati di IHS Markit, il Brasile ha esportato oltre 500.000 barili al giorno direttamente in Cina nel primo trimestre del 2019. Includendo le spedizioni in altre parti dell'Asia, successivamente riesportate in Cina, le esportazioni totali brasiliane verso la Cina hanno raggiunto circa 660.000 barili nel primo trimestre. Si stima che le esportazioni brasiliane verso la Cina siano aumentate di quasi il 50% nel Q1 yoy.

Un altro beneficiario di questa situazione è l’Iraq, grazie alla relativa stabilità nelle regioni del sud, dove viene prodotto la maggior parte del suo petrolio. La produzione ha raggiunto quasi 5 milioni di barili al giorno nel 2018. Inoltre, Baghdad ha avuto esenzioni sulle proprie quote da parte dell'OPEC, al contrario della maggior parte degli altri stati membri. La produzione irachena sarebbe diventata abbastanza grande e potrebbe essere in grado di fare muovere i prezzi sui mercati, inoltre il paese ha aderito al comitato che controlla la conformità del prodotto e vorrebbe aumentare l'influenza all'interno dell'organizzazione.
La debolezza dell'Iraq resta nella sua dipendenza dalle compagnie straniere che producono quasi i due terzi del petrolio del paese. Dopo anni di guerra, le sue infrastrutture sono ancora significativamente danneggiate. Il capitale straniero era ed è ancora necessario per ricostruire gran parte di ciò che era stato distrutto. Inoltre, senza la tecnologia di perforazione fornita dai major petroliferi come Shell ed Exxon e aziende russe come Lukoil e Rosneft, non sarebbe stato possibile aumentare la produzione al livello attuale.
L'Iraq mira ad aumentare ulteriormente la propria produzione. La maggior parte del prodotto è indirizzata verso paesi asiatici come India e Cina. Baghdad ha l'ambizione di aumentare la produzione dal suo attuale livello a circa 8,5 milioni di barili al giorno nel 2025, dopo che le infrastrutture saranno state ripristinate. L'espansione includerebbe 6,5 milioni di barili al giorno dai giacimenti petroliferi del sud e un altro milione di barili da Kirkuk verso il Mediterraneo, quando verrà costruito un nuovo oleodotto verso il porto turco di Ceyhan.

L'Iraq finalizzerà presto un accordo su larga scala e di lungo termine con Exxon e PetroChina per lo sviluppo dei giacimenti petroliferi nel sud. Il contratto trentennale comporterà investimenti per 53 miliardi di USD. Stanno lavorando su questo accordo da quattro anni e riguarderà lo sviluppo di due giacimenti petroliferi nel sud dell'Iraq, Nahr Bin Umar e Artawi, e la costruzione di infrastrutture di approvvigionamento idrico per i campi meridionali, al fine di mantenere stabile la loro produzione.

Un’altra novità in questa fase così complicata, è l’accordo raggiunto tra l'Iran e il governo federale dell'Iraq per espandere la cooperazione tra i due paesi nel settore petrolifero. Questo patto è stato già utilizzato nel 2012, ma la portata del nuovo accordo potrebbe essere superiore rispetto all’accordo precedente. Il direttore della National Iranian Oil Company ha annunciato aprirà un ufficio di rappresentanza a Baghdad e il Ministero del Petrolio iracheno ha specificato che Il ruolo dell'ufficio di rappresentanza sarà limitato ai servizi tecnici e ingegneristici. Questo accordo però in realtà permetterebbe all'Iran di generare dal venti al trenta percento in più di entrate in USD, per l’operatività sui giacimenti condivisi, aiutando l'Iraq a rafforzare la propria presenza sui mercati globali e gli darà maggiori possibilità di raggiungere gli obiettivi di produzione prefissati dal ministero del petrolio.

L'attenzione della cooperazione dovrebbe concentrarsi subito sugli enormi serbatoi di Azadegan/Majnoon, Azar/Badra, Yadavaran/Sinbad e Dehloran/Abu. Un giacimento chiave sarà quello di West Karoun, la cui importanza economica per l'Iran, specialmente nelle attuali circostanze, può essere determinante. Si stima che i giacimenti di West Karoun contengano almeno 67 miliardi di barili di petrolio e hanno attualmente un average recovery rate del 5-6% . Confrontato con un tasso medio in Arabia Saudita di almeno il 50%, si capisce come, con il giusto sviluppo congiunto, ci si possa aspettare che un aumento del recovery rate al 25% per un periodo di 20 anni, porterebbe 838 miliardi di dollari di entrate per l'Iran. Attualmente, la produzione di petrolio di West Karoun è in media di circa 360.000 barili al giorno rispetto ai 120.000 barile del 2017 (fonti iraniane).

A giugno c’è la riunione dell’OPEC e, a quanto sembra, non ci saranno nuovi tagli alla produzione ma, fino a qualche settimana fa, sembrava che potesse arrivare un po’ di greggio sul mercato. La guerra commerciale USA-Cina sembra senza fine e i mercati hanno reagito con un forte ribasso nelle ultime due settimane. A questo punto è difficile immaginare che, nel breve periodo e salvo nuovi eventi, si possa verificare un forte rimbalzo, ma ci si può aspettare che avvicinandoci alla soglia dei 50$ possano arrivare un po’ di compratori.

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