“Salvare l’oro della Svizzera” non salverà la situazione

 | 23.10.2014 12:08

h2 Forex News and Events/h2

Il 30 novembre, il popolo svizzero voterà per decidere se

- La BNS debba detenere il 20% delle sue riserve in oro,

- Le riserve in oro debbano essere depositate in Svizzera,

- La BNZ possa vendere le sue riserve in oro.

Stando ai recenti sondaggi, il 45% degli intervistati sostiene la campagna, ma riteniamo che la probabilità di un “sì” sia limitata. Le due camere del parlamento svizzero si oppongono fortemente alla “gabbia dorata”. Una cosa è certa: i sondaggi tendono a essere instabili e quindi dovrebbero generare un po’ di volatilità sui mercati svizzeri, relativamente tranquilli, nei prossimi mesi.

In un’intervista rilasciata di recente, il ministro delle Finanze svizzero Eveline Widmer-Schlumph ha detto che le attuali riserve, pari a 1.040 tonnellate di oro, sono più che sufficienti per far fronte a fasi di avversione al rischio. A ciò aggiungiamo che le interruzioni nella correlazione negativa dalla crisi del 2007 hanno dimostrato che, al giorno d’oggi, l’oro non è un asset ideale per coprirsi dai rischi. E nemmeno una fonte di stabilità. Quando, nell’ottobre del 2008, l’indice VIX è salito all’80%, la volatilità realizzata a un mese della coppia XAU/USD si è impennata al 56% e la volatilità implicita a un mese si è avvicinata al 58%. Questi non sono sicuramente i precedenti che si cercano in un investimento considerato rifugio sicuro.

A questo proposito, costringere la BNS a destinare un quinto del suo bilancio a un asset rischioso non è efficiente dal punto di vista della composizione del portafoglio. Anche se fosse così, non c’è alcuna restrizione che impedisce alla BNS di destinare il 20% delle sue riserve in oro.

Attualmente la BNS detiene circa l’8% delle sue riserve in oro (consistenze pari a 43 mld di USD in oro rispetto al bilancio pari a 522 mld di CHF). Introdurre una soglia potenziale del 20% richiederebbe una consistente operazione di mercato, la cui necessità è alquanto incerta. Soprattutto viste le quantità in gioco, un’operazione lunga sull’oro (XAU) per 1.500 tonnellate (in un periodo di cinque anni) sarebbe difficilmente redditizia per la BNS. Considerando che la produzione annuale delle miniere aurifere si avvicina alle 3.000 tonnellate, ciò significherebbe che, per i prossimi cinque anni, la BNS comprerebbe ogni anno il 10% della produzione mondiale. Questa richiesta aggiuntiva di oro non farebbe che aumentarne i prezzi e, di conseguenza, il costo dell’operazione. Inoltre, un “sì” stimolerebbe sicuramente la domanda degli speculatori e fornirebbe un’altra leva al mercato, spingendo i prezzi dell’oro a livelli sproporzionatamente elevati! In fin dei conti, la BNS otterrebbe una riserva costosa in un asset piuttosto rischioso.

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L’iniziativa sull’oro rappresenta quindi un vincolo pesante per la strategia della BNS e probabilmente limiterebbe l’indipendenza e l’efficienza delle attività d’investimento della BNS. Infatti, la BNS, a differenza delle altre banche centrali, gode di un importante margine di manovra sulle sue attività. Mentre la maggior parte delle altre banche centrali investe soprattutto in bond sovrani, la BNS ha la flessibilità di detenere il 30% del suo bilancio in asset stranieri, societari o statali, fattore che permette un’interessante diversificazione geografica e un indiscusso vantaggio temporale. Nel 2008, la BNS ha aperto una filiale a Singapore per “aumentare la copertura dei mercati in Asia”, “per assicurare una gestione più efficiente dei suoi asset nella regione asiatico-pacifica” e, cosa ancor più importante, per “facilitare l’operatività 24H sul mercato valutario”.

Restringere il margine di manovra della BNS sarebbe solo pericoloso e costoso. La BNS ha già un vincolo importante: dovrebbe difendere la soglia a 1,20 contro l’euro. La situazione dell’Eurozona rimane allarmante e permane la possibilità dell’introduzione di un QE nel prossimo futuro. Anche se non vediamo un impatto immediato sul franco, la BNS ha chiaramente bisogno di disporre di un controllo assoluto e ciò esclude un consistente vincolo del 20% sull’oro, come richiederebbe un esito positivo del referendum.

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