Come una gelata a primavera coronavirus minaccia fragile economia Sud

Reuters

Pubblicato 26.03.2020 16:27

di Valentina Za e Giancarlo Navach

BARI, Italia (Reuters) - I grossisti esportatori di uva della provincia di Bari hanno poco tempo per seguire il dibattito europeo sui bond comunitari.

In questo momento dell'anno normalmente avrebbero richiesto i prestiti di conduzione necessari all'acquisto dell'uva da tavola le cui varietà locali Italia, Regina, Vittoria tra poco germoglieranno sui tralci per essere raccolte in tarda estate ed esportate nel mondo.

Ma le normali transazioni bancarie, come quasi ogni altra attività economica, sono state interrotte dall'epidemia di coronavirus, che in Italia ha causato più vittime che in ogni altro paese mettendo in ginocchio l'economia, paralizzata dalle misure di contenimento.

Con il passare dei giorni, le prospettive di fatturato peggiorano e con esse lo standing creditizio delle imprese. È un rischio di avvitamento che pesa in modo particolare sulla fragile economia del Sud, dove il Pil nel 2017 era ancora del 10% inferiore ai livelli di un decennio prima, il doppio del ritardo che l'Italia nel suo complesso ha accumulato con la crisi globale e poi del debito sovrano.

Con redditi pro-capite pari a circa la metà rispetto al Centro-Nord e una tasso di disoccupazione quasi tre volte quello delle regioni settentrionali, l'esile economia del Sud, fortemente dipendente dal turismo e dall'agroalimentare, rischia di essere spazzata via dal coronavirus.

"La psicosi legata al coronavirus sta danneggiando le vendite dei nostri prodotti all'estero. Gli ordini da Francia e Germania sono fermi. E se la situazione non migliora, non troveremo lavoratori stagionali per il raccolto," lamenta Luca Lazzaro, responsabile di Confagricoltura Puglia.

Per far fronte a una contrazione del Pil che Goldman Sachs ha stimato in settimana a -11,6%, l'Italia ha chiesto all'Europa di emettere "coronabond" per alleviare il contraccolpo economico della pandemia, una mossa a cui alcuni paesi più ricchi, tra cui la Germania, oppongono resistenza.

Nel frattempo, le principali banche italiane hanno stanziato miliardi di euro per sostenere le imprese colpite dal virus, e il governo si è impegnato a garantire fino all'80% dei nuovi prestiti.

Ma la stasi dell'economia necessaria a contenere la diffusione del virus complica le scelte creditizie delle banche che temono una nuova impennata dei prestiti deteriorati nonostante il supporto statale e l'ammorbidimento delle regole di capitale e contabili sui crediti a rischio.

Tali difficoltà si acuiscono al Sud dove, al netto degli accantonamenti i crediti deteriorati, sono quasi il 10% del totale dei prestiti, più del doppio della media nazionale.

Qui le aziende sono penalizzate da costi di finanziamento maggiori e le banche da tassi di default più alti, in un circolo vizioso che alimenta la debolezza del sistema.

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Più piccole e maggiormente dipendenti dal debito bancario, circa 20 punti sopra la media nazionale, le aziende meridionali si confrontano con difficoltà che vanno da infrastrutture e servizi pubblici peggiori a ritardi di pagamento che il Cerved (MI:CERV) indica pari al doppio della media italiana.

Dopo aver dato priorità alle difficoltà del sistema bancario al Centro-Nord dal 2015 a oggi, l'Italia aveva appena iniziato a fare i conti con il problema degli istituti di credito al Sud quando il virus ha iniziato a dilagare.

Lo scorso dicembre, il governo era corso in soccorso della Popolare di Bari, il principale istituto di credito meridionale, alle prese con crediti problematici pari a oltre un quarto del totale dei suoi prestiti. Altre 15 banche meridionali minori si trovano in una posizione vulnerabili, secondo Banca d'Italia.

"Questo è un paese diviso in due. Il fragile ecosistema del Sud necessita di credito locale", osserva Adriano Giannola, accademico e presidente di Svimez.

"Le autorità hanno ritenuto che fosse meglio riassorbire le maggiori banche del Sud nei grandi gruppi del Nord, il che avrebbe potuto anche avere senso se avessimo una e non due 'Italie' come abbiamo. Le banche erogano credito partendo dai soggetti meno rischiosi, e questo mette le imprese del Sud in una posizione di svantaggio".

Cerved classificava quasi il 40% delle imprese del Sud Italia come "vulnerabile" o "a rischio" prima dell'emergenza coronavirus, rispetto a una media nazionale del 24%. Cerved sottolinea che la pandemia potrebbe gonfiare di un quarto gli indicatori di rischio.

UN TREND POSITIVO

L'anno era iniziato con segnali positivi.

Per la prima volta da un decennio nel 2019 il saldo tra esercizi che chiudevano definitivamente i battenti e le nuove aperture era tornato positivo, racconta il Presidente di Confesercenti Puglia, Beniamino Campobasso.

"Non dico che avessimo superato la crisi iniziata nel 2009, ma stavamo assistendo a un trend positivo", afferma Campobasso.

Sfidando un debito pubblico che supera di 1,35 volte il Prodotto interno lordo e in attesa di decisioni a livello europeo, il governo ha in programma di raddoppiare il primo pacchetto di misure da 25 miliardi il mese prossimo.

Per fermare i default il governo ha anche imposto ex lege una moratoria di sei mesi su prestiti a famiglie e imprese. Ma solo le aziende che si trovavano in buona salute quando l'epidemia è scoppiata possono beneficiarne.

Eppure la moratoria offre una tregua ai commercianti di frutta e agli agricoltori pugliesi, che hanno visto la produzione d'olio abbattuta dalla Xylella.

"È sicuramente un primo passo", commenta Lazzaro.

Prima dell'arrivo del coronavirus, gli amministratori straordinari della Popolare di Bari avevano infatti iniziato a richiedere il rientro sulle esposizioni, seminando il panico tra decine di piccoli aziende agricole.

La banca non commenta.

Ma la moratoria è efficace solo se il credito continuerà a fluire.

"Per poter essere ancora qui e ricominciare quando lo tsunami sarà passato, abbiamo bisogno di accesso semplice e immediato al credito", afferma Campobasso.