La curva amica dei tassi americani

FinanciaLounge  |  Autore 

Pubblicato 02.07.2018 10:58

La curva amica dei tassi americani

h2 Il rendimento del T-bond a 10 annni stabilmente a ridosso del 3% è un’ottima notizia per le azioni e i bond dei mercati emergenti, che possono riprendere il cammino di crescita dopo un brutto primo semestre./h2

Uno dei titoli più gettonati da giornalisti e analisti finanziari nei primi 6 mesi del 2018 è stato “tempesta perfetta”. La vittima predestinata dello sconquasso viene indicata nei mercati emergenti, ma anche nei bond high yields dei paesi sviluppati, con varianti sullo spread italiano. Gli ingredienti più ricorrenti citati sono il dollaro forte, i tassi americani, ovviamente Trump e il protezionismo, e anche qui la politica italiana. Prendiamo a caso buttando su Google (NASDAQ:GOOGL) ‘perfect storm’: “l’escalation di minacce commerciali del Presidente Trump, gli aumenti dei tassi della Fed, le tensioni pre-elettorali, tutto congiura per una tempesta perfetta per i mercati emergenti, che vedono monete, azioni e fiducia toccare nuovi minimi in tutto il mondo”. Data una decina di giorni fa, la fonte non la citiamo, tanto sono tutti uguali. Neanche la blasonata Reuters riesce a star fuori dal coro e in un titolo del 29 giugno si inventa la definizione di ‘submerging markets’, mercati sommersi, anzi affondati. Mamma mia!

h3 L’ORSO PER ORA RESTA FUORI DALLA PORTA/h3

Ovviamente qualcosa di vero c’è. I mercati emergenti, sia azionari che del debito, hanno accusato più di quelli sviluppati la botta di fine gennaio inizio febbraio, quando il rendimento del T-bond a 10 anni sopra il 3% per la prima volta da quasi 7 anni metteva bruscamente fine al rally di inizio anno di Wall Street e mandava segnali di allarme sui mercati di tutto il mondo. La Borsa americana ha superato la correzione e imboccato un movimento laterale, quelle europee hanno sofferto di più ma non sono entrate in territorio ‘Orso’, quelle emergenti invece ci sono quasi, con l’indice globale MSCI riportato su Investing.com a una distanza ancora sotto il 20% rispetto ai massimi di fine anno, come mostra il grafico qui sotto.