Il discorso di Biden distrae dalla grossa minaccia alla sua presidenza

Investing.com  |  Autore Geoffrey Smith

Pubblicato 10.02.2023 05:52

Di Geoffrey Smith

Investing.com - Il discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Joe Biden ha avuto alcuni spassosi momenti di teatrino politico, ma la sua presidenza non dipenderà dai punti che gli daranno Marjorie Taylor Greene e Rick Scott.

Lo stallo era ciò che era stato promesso quando i Repubblicani sono riusciti a riprendere il controllo della Camera dei Rappresentanti a novembre, e lo stallo è quello che avremo.

Potrebbe non importare molto ai mercati globali: la direzione dell’economia era stata perlopiù fissata nella prima metà del mandato presidenziale di Biden e difficilmente sarebbe cambiata di molto anche se i Democratici avessero mantenuto il controllo della Camera. L’Inflation Reduction Act e il CHIPS Act sono già in vigore e i prossimi due anni saranno un periodo di implementazione: più energia verde ed un lento e parziale reshoring della manifattura, soprattutto dei semiconduttori.

Intanto, il controllo dei Democratici della Federal Trade Commission e del Dipartimento per la Giustizia probabilmente continuerà a colpire quelle cose che hanno reso tanto redditizie compagnie come Apple (NASDAQ:AAPL) e Google (NASDAQ:GOOGL) negli ultimi anni, ma senza pesare sulle ipotesi di investimento nel settore. Altre riforme come i prezzi dei farmaci o qualunque cosa che possa pesare sugli investimenti sul settore farmaceutico o sanitario sembrano fuori questione.

Potrebbe andare peggio. Lo stallo almeno crea un po’ di prevedibilità. Ad ogni modo, il paese sembra più preoccupato di trovare un modo per tornare alla normalità dopo la pandemia. Gli ultimi tre anni hanno sconvolto i pattern di lavoro e consumo di decine di milioni e generato uno straordinario livello di incertezza.

C’è un ovvio ostacolo a breve termine nel ritorno alla normalità. Per fortuna, non si tratta dello stucchevole teatrino del tetto del debito, per il quale - come sempre - la terribile realtà del default costringerà a trovare una soluzione prima che diventi davvero una terribile realtà.

Si tratta invece dell’inflazione.

Fino a poco tempo fa, i mercati finanziari si erano convinti di aver vinto la battaglia e che la Fed non lo stesse ammettendo per scaramanzia. Alcune voci più critiche dicono invece che la Fed deve giocare al falco oggi perché ha perso credibilità lasciando che l’inflazione andasse fuori controllo. Solo nell’ultima settimana si sono ridotte le aspettative di una “svolta” della Fed con un taglio dei tassi quest’anno.

Malgrado l’indice IPC sia sceso per sei mesi di fila, l’idea che l’inflazione sia finita è certamente troppo ottimistica. Gli sviluppi degli ultimi anni (il divorzio dell’Europa dall’economica energia russa, l’esaurimento della manodopera a basso costo cinese e il rifiuto degli Stati Uniti di dipendere ancora da essa) sono tutti intrinsecamente inflazionistici. Le fabbriche green e di chip in programma negli USA probabilmente saranno molto più costose rispetto all’energia e ai chip che forniranno.

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Sul brevissimo termine, la riapertura economica cinese ha messo un freno al calo dei prezzi energetici globali. Goldman Sachs e JPMorgan vedono entrambi i prezzi del petrolio tornare ad oltre 100 dollari al barile entro fine anno. Con il tasso di disoccupazione ancora sotto il 4% e quasi due posti di lavoro disponibili per ogni disoccupato, i lavoratori si sentiranno abbastanza fiduciosi da chiedere stipendi più alti.

Anche altri elementi potrebbero scuotere Washington dallo stallo. Ad esempio, i generosi pacchetti di aiuti militari del governo all’Ucraina in conflitto con la necessità di rispettare il tetto del debito in vigore.

Oppure la volontà (o la riluttanza) del governo a lasciare che i rapporti con la Cina peggiorino dopo la storia del pallone meteo/spia e le conseguenti voci di nuove misure statunitensi per impedire ad alcune compagnie tech cinesi di avere accesso ai dollari.

Sono minacce più distanti e meno calcolabili per i mercati, però. Il resto della presidenza Biden (e le sue speranze di una rielezione) dipenderanno da come andrà l’inflazione da ora al novembre 2024. Nessuna promessa elettorale avrà credibilità se permetterà che gli stipendi sudati dalla sua base elettorale vengano ulteriormente erosi.

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