Centri per l'impiego: se per la rivoluzione non basta un software

Reuters

Pubblicato 23.10.2018 14:45

Centri per l'impiego: se per la rivoluzione non basta un software

di Francesca Piscioneri

NAPOLI (Reuters) - Emanuele Varriale, fruttivendolo disoccupato di 26 anni, esce a metà mattina dal centro per l'impiego di Scampia, Napoli, uno degli oltre 500 uffici pubblici che in Italia dovrebbero favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

"Sono venuto qui per avere il certificato", dice mostrando un foglio compilato a mano che attesta la sua disponibilità a cercare una occupazione.

Allo sportello del centro lavorano 5 dipendenti, alle prese più con faldoni di carta che con i pc.

Emanuele non spera in un lavoro. "No, sono venuto solo per il certificato. Mio padre è iscritto da trent'anni e non l'hanno mai chiamato, ha lavorato sempre al nero".

Tra qualche mese inizia uno stage grazie ad agenzie di selezione del personale private, come Adecco e Manpower. "Lavoro non ce n'è, e quando c'è sono i privati che ti fanno lavorare, non lo Stato".

Dimenticati per decenni e gestiti alternativamente da ministero del Lavoro, Province e oggi Regioni, gli ex uffici di collocamento sono tornati alla ribalta.

Dalla loro ristrutturazione dipende infatti il successo del reddito di cittadinanza: un assegno da 780 euro mensili per persone singole senza lavoro oppure con un salario che li fa restare sotto la soglia di povertà.

Il reddito di cittadinanza, misura chiave della vittoria elettorale del Movimento 5 stelle, verrebbe revocato in caso di rifiuto di tre offerte di lavoro o formazione che devono passare attraverso i centri per l'impiego.

Il governo ha stanziato nella manovra 1 miliardo per innovarli in modo che siano pronti entro marzo, quando dovrebbe arrivare il reddito di cittadinanza, che costerà il primo anno 9 miliardi di euro.

"PESSIMA ESPERIENZA"

"Ci sarà un software unico che incrocerà le banche dati consentendoci di conoscere ogni giorno chi sta percependo il reddito, come si sta formando, come si sta comportando e se ne ha diritto ancora", assicura il ministro pentastellato allo Sviluppo e al Lavoro, Luigi Di Maio, che ha definito "umiliante" l'esperienza dei cittadini con i centri per l'impiego.

In programma anche un 'bando della creatività' per cambiare logo e layout dei centri.

Basteranno un nuovo software e pochi mesi per la rivoluzione?

"Ci sono giorni in cui la sala d'aspetto è stracolma perché non c'è il collegamento con Anpal [Agenzia per le politiche attive del lavoro] e noi non possiamo lavorare", dice un impiegato di un ufficio per l'impiego al Sud, 50 anni e trenta di esperienza. "Senza contare il problema principale che è la mancanza di offerte di lavoro. La formazione per i dipendenti, poi, è ridicola".

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I critici della misura considerano il reddito di cittadinanza un invito a stare a casa aspettando il sussidio. "Molte persone staranno sdraiate sul divano perché i centri non sono attrezzati a offrire lavoro o a controllare se chi riceve il reddito di cittadinanza ne stia cercando uno", dice Renato Brunetta, ex ministro di Forza Italia e professore di Economia del Lavoro.

Nemmeno le aziende mostrano fiducia nei centri.

"Oggi al 99,9% usiamo agenzie interinali perché il centro per l'impiego non funziona... Quelle poche volte che abbiamo provato a utilizzarli la selezione è stata fatta malissimo... Un'esperienza pessima", racconta Alessandro Zanchetta, Cfo e HR Director di Somec, azienda della provincia di Treviso con 400 dipendenti specializzata nella costruzione di vetrate per navi da crociera e grattacieli.

NUMERI

In Italia ci sono circa 550 centri per l’impiego con 8.000 dipendenti di età media superiore ai 50 anni, molti meno dei 45.000 in Francia e dei 100.000 in Germania. Inoltre, solo il 3% dei disoccupati che si rivolge ai centri trova una occupazione, contro il 20% di Francia e Germania.

"In alcuni centri in Calabria manca internet: i dipendenti hanno comprato la chiavetta wifi per collegarsi al nostro portale ma i pc sono troppo vecchi e il programma non gira", spiega Maurizio Del Conte, presidente dell'Anpal.

Il 18% delle criticità, dati Anpal 2016-2017, riguarda l'inadeguatezza dei software, il 50% dei centri intervistati dichiara di non avere dotazione informatica adeguata, e il 36% afferma di non possedere una connessione in rete appropriata.

"Sarà un fallimento totale. I centri per l'impiego non hanno funzionato in Italia nemmeno nel periodo tra il dopo guerra agli anni '90 quando c'era il monopolio pubblico del lavoro", taglia corto Michele Tiraboschi, professore di Diritto del Lavoro all'Università di Modena e Reggio Emilia.

Nel frattempo le settimane passano, le Regioni aspettano indicazioni e i cittadini iniziano a chiedere come ottenere il reddito di cittadinanza.

Sonia Palmeri, assessore al Lavoro della Regione Campania, spiega: "Abbiamo bisogno di assumere velocemente persone giovani e ben formate altrimenti sarà uno tsunami".