Fumata nera su Camere, rottura Lega-Forza Italia dopo voto a Bernini

Reuters

Pubblicato 23.03.2018 20:06

Fumata nera su Camere, rottura Lega-Forza Italia dopo voto a Bernini

di Giuseppe Fonte e Massimiliano Di Giorgio

ROMA (Reuters) - Bufera nel centrodestra dopo il voto della Lega alla forzista Anna Maria Bernini alla guida del Senato, mentre le Camere si avviano a chiudere il primo giorno della XVIII legislatura senza un accordo sui presidenti.

Forza Italia, che puntava a una candidatura unitaria di Paolo Romani a partire dalla terza votazione, parla di "un atto di ostilità a freddo della Lega che da un lato rompe l'unità della coalizione di centrodestra e dall'altro smaschera il progetto di un governo Lega/M5s", si legge in una nota.

La mossa del Carroccio durante la seconda votazione punta a far convergere i 5 Stelle su un candidato di centrodestra alla guida del Senato, marcando allo stesso tempo la propria autonomia da Forza Italia.

Matteo Salvini si difende dagli strali di Silvio Berlusconi spiegando che "l'unico modo per evitare l'abbraccio Pd-5Stelle per eleggere il presidente del Senato è scegliere un candidato del centrodestra che abbia il maggior gradimento possibile".

La scelta della Lega "rappresenta un coraggioso e generoso aiuto alla coalizione per evitare brutti scherzi e uscire dallo stallo, e un segnale all'Italia perché il parlamento cominci a lavorare il prima possibile", rivendica Salvini che ha portato il Carroccio in testa al centrodestra con circa il 17% dei consensi.

Romani ha una condanna per peculato e il M5s, che vuole la presidenza della Camera, non lo avrebbe sostenuto. Sul nome di Bernini non c'è questo impedimento.

Il regolamento di Palazzo Madama prevede che alla terza votazione non serva più la maggioranza assoluta dei componenti, ma solo dei presenti. E alla quarta si va al ballottaggio tra i due candidati più votati.

Berlusconi aveva garantito ancora stamattina che a partire dalla terza votazione tutto il centrodestra avrebbe sostenuto Romani.

Il centrodestra ha sulla carta la maggioranza relativa, tuttavia per eleggere da solo il presidente deve contare sulla fedeltà assoluta di tutti i senatori e sul fatto che non scattino nel frattempo accordi tra M5s e Pd.

Oggi, una fonte parlamentare M5s ha detto che il Movimento potrebbe appoggiare il capogruppo uscente del Pd Luigi Zanda o un altro esponente non renziano. I dem hanno risposto che non c'è alcun accordo, invitando il M5s a fare una proposta chiara.

Due fonti Pd hanno invece detto che il loro partito potrebbe consentire l'elezione di Romani, per esempio, con l'uscita dall'aula di alcuni senatori per abbassare il quorum.

"Non scendiamo a compromessi al ribasso e non accetteremo ricatti. Non riabilitiamo Silvio Berlusconi", ha ribadito il capogruppo pentastellato del Senato Danilo Toninelli in giornata. E due fonti hanno detto che il leader Luigi Di Maio ha rifiutato di incontrare di persona Berlusconi.

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Se la matassa del Senato si è complicata, quella della Camera è ancora più intricata: il regolamento prevede l'elezione del presidente, dalla quarta votazione, con la maggioranza assoluta dei presenti. Il voto potrebbe dunque protrarsi a lungo senza una soluzione.