Banche, prime prove di rincari crediti per famiglie e imprese

Reuters

Pubblicato 25.10.2018 18:11

Banche, prime prove di rincari crediti per famiglie e imprese

di Andrea Mandala e Giulio Piovaccari e Valentina Za

MILANO (Reuters) - Sotto pressione per le turbolenze del mercato, le banche italiane hanno iniziato a ritoccare al rialzo i costi dei finanziamenti a famiglie e imprese, primo segnale di una stretta alla condizioni di offerta di credito che potrebbe ritorcersi contro i piani del governo Lega-M5S di rilanciare la crescita economica.

I tassi di interesse sui mutui e sui prestiti corporate e stanno progressivamente aumentando, mentre qualche impresa segnala richieste di rientro degli affidamenti da parte delle banche in un contesto di crescita dello spread che intacca il capitale bancario e provoca un aumento del costo della raccolta.

Oggi il presidente Bce Mario Draghi ha detto che i tassi sui prestiti in Italia stanno aumentando per famiglie e imprese ma in modo moderato.

Il costo dei mutui a tasso fisso, di gran lunga i più gettonati in Italia, sono saliti fino a 20 punti base nei primi dieci giorni di ottobre, sostiene Ivano Cresto, responsabile mutui del sito di comparazione Facile.it.

Questo è dovuto in parte all'aumento dell'Eurirs, utilizzato come tasso di riferimento per i mutui a tassi fisso, calcolato giornalmente dalla European Banking Federation, ma riflette anche il maggiore costo del funding bancario, spiegano alcune fonti.

I due principali istituti italiani, Intesa Sanpaolo (MI:ISP) e UniCredit (MI:CRDI), hanno entrambi aumentato, dopo l'estate, il costo dei mutui a tasso fisso fino a 20 punti base.    "Intesa e UniCredit hanno spesso dimostrato di essere i primi a muoversi nel mercato dei mutui", commenta Roberto Anedda, responsabile marketing di MutuiOnline.it.    Secondo calcoli Reuters un aumento dei tassi sui mutui di questa dimensione si tradurrebbe in maggiori oneri di 2.800 euro per un mutuo medio ventennale da circa 124.000 euro.

La pioggia di liquidità fornita dalla Bce ha avuto fino ad ora l'effetto di proteggere le banche dal pieno impatto di tassi crescenti di mercato, ma Francoforte ha iniziato ad intraprendere un graduale percorso di normalizzazione della politica monetaria ultra-accomodante.

"La catena (di trasmissione) è lunga", ha detto un top manager di una banca italiana, riferendosi al meccanismo attraverso il quale i maggiori costi della raccolta bancaria si riversano a valle sulle capacità di erogazione di nuovi prestiti all'economia reale.

   "Ma stiamo iniziando a intravedere i primi segnali", ha aggiunto.

L'ABI non ha commentato. Un suo portavoce ha ricordato i dati di settembre elaborati dall'Associazione, quindi prima della presentazione della manovra di bilancio, secondo i quali il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni e di finanziamento è leggermente sceso.

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"Recentemente non abbiamo rinegoziato alcuna importante linea di credito, ma quello che le banche ci dicono è che su un finanziamento a dieci anni ci richiederebbero 80-100 punti base in più rispetto ai livelli di cui discuteva all'inizio dell'estate", dice Fabio Pezzani, responsabile area finanza new business development di GVM Care & Research, gruppo sanitario con sede in provincia di Ravenna.

Sui finanziamenti a breve termine l'aumento è di 10-15 punti base sullo spread applicato rispetto al tasso di riferimento, prosegue.    "Per il momento, penso che sia solamente una questione di maggiore costo della raccolta ... dal prossimo anno temo che avremo anche un problema... di restrizione dell'offerta di credito", ha aggiunto Pezzani.    Durante la crisi finanziaria globale del 2008-2009 e quella della zona euro del 2011-2012 che portò ad una carenza di liquidità nel sistema e ad un balzo dei rendimento sui titoli di Stato italiani fino a oltre il 7%, il 'credit crunch' ha acuito la recessione spazzando via un quarto della produzione industriale italiana.

"Se la politica fiscale più espansiva mina la fiducia, può avere un effetto opposto sulla crescita", ha sottolineato nei giorni scorsi il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis.

Un responsabile del corporate in una piccola banca locale del Sud Italia, dove maggiore è la percentuale di default rate dei crediti, ha riferito che il proprio istituto sta valutando l'opportunità di alzare il tasso sui prestiti alle imprese di 200 punti base.

Un imprenditore di una piccola azienda ortofrutticola in Puglia ha detto di avere ricevuto una comunicazione dalla banca per un rientro immediato di un fido di 80.000 euro.

"Mi sono subito recato in banca e chiedendo spiegazioni mi hanno detto semplicemente che volevano far rientrare la loro posizione perché non credevano più in un'attività agricola che in quanto tale è stagionale", ha detto a Reuters l'imprenditore che ha chiesto l'anonimato.

"Insistendo per avere una spiegazione, visto che sono sempre stato regolare nei pagamenti, in banca hanno iniziato a parlare della congiuntura negativa dei mercati, dell'innalzamento dello spread, delle incertezze che rendevano del tutto imprevedibile lo scenario economico-finanziario dei prossimi mesi e mi hanno detto che di fronte a tali fragilità avevano il bisogno di mettersi al riparo", ha aggiunto.

I prestiti alle imprese si sono contratti costantemente, su base annuale, tra metà 2012 e metà 2016. Da allora si stanno riprendendo in maniera moderata, ma le banche sono diventate più selettive sull'esperienza dell'alta percentuale di deterioramento del credito registrata nell'ultima recessione.

    "Le preoccupazioni delle banche per i crediti deteriorati sono uno dei motivi principali per cui le piccole imprese vedono il loro credito ridotto o del tutto tagliato", dice Antonio Pinto, legale della Confconsumatori.