Eni-Nigeria, procura Brescia chiede giudizio per pm processo Milano

Reuters

Pubblicato 10.06.2022 17:38

MILANO (Reuters) - La procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per rifiuto di atti d'ufficio nei confronti dei due pm milanesi che hanno rappresentato l'accusa nel processo sulle presunte tangenti Eni (BIT:ENI) e Shell in Nigeria conclusosi con l'assoluzione di tutti gli imputati nel marzo 2021.

Lo hanno riferito fonti legali e giudiziarie, confermando quanto riportato oggi dal Corriere della Sera. I due pm non hanno commentato.

Il tribunale di Milano il 17 marzo 2021 ha assolto tutti gli imputati - 13 persone più le società Eni e Shell - "perché il fatto non sussiste" dall'accusa di aver pagato oltre un miliardo di dollari di tangenti per la concessione di un giacimento petrolifero nigeriano.

Il processo d'appello è fissato per il prossimo 19 luglio.

I pm bresciani, che hanno competenza sulle indagini che riguardano i colleghi milanesi, hanno ritenuto che il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro sarebbero stati tenuti a far confluire nel processo in corso a Milano per corruzione internazionale in Nigeria alcuni elementi emersi da una diversa indagine allora in corso condotta dal collega Paolo Storari sul cosiddetto presunto "depistaggio" Eni.

Elementi che, secondo l'accusa, se introdotti nel processo sarebbero andati a vantaggio dell'Eni e degli altri imputati, certificando l'inattendibilità dell'ex manager Eni Vincenzo Armanna - coimputato nel procedimento "nigeriano" e contemporaneamente accusatore dei vertici del gruppo - e la presunta falsità delle sue dichiarazioni.

La difesa dei due magistrati milanesi nel corso dell'inchiesta ha sostenuto invece che il materiale segnalato dal collega all'epoca non avesse valore probatorio e verificato, oltre al fatto che non era stata fatta ancora alcuna perizia, conclusasi solo dopo la fine del processo.

Inoltre, parte degli elementi era frutto di sequestri effettuati nell'ambito dell'altra indagine sa un imputato del processo in corso, Armanna appunto, e la legge non consente l'utilizzabilità del risultato di queste attività nei confronti di una persona sotto processo.

Contemporaneamente la difesa ha aggiunto che la legge (articolo 53 del codice di procedura penale) stabilisce la piena autonomia del pubblico ministero in aula.

Nel novembre scorso 15 magistrati anti-corruzione da 12 diverse nazioni nel mondo avevano formalmente sollecitato l'Ocse a difendere De Pasquale e Spadaro da quello che avevano definito un "attacco" all'anti-corruzione e avviare una valutazione dell'impegno dell'Italia nei confronti della Convenzione anti-corruzione internazionale Ocse.