Euro a minimo 20 anni mette Bce di fronte a scelte difficili

Reuters

Pubblicato 07.07.2022 17:15

di Balazs Koranyi e Francesco Canepa

FRANCOFORTE (Reuters) - La caduta dell'euro verso il livello di parità con il dollaro ha spinto la Banca centrale europea con le spalle al muro, mettendo i suoi responsabili di politica monetaria di fronte a scelte difficili ed economicamente costose.

Se l'euro crollasse l'inflazione, già a livelli record, aumenterebbe il rischio di una crescita dei prezzi ben al di sopra dell'obiettivo del 2% fissato dalla Bce.

Ma per contrastare i minimi ventennali toccati dalla moneta unica sarebbe necessario un aumento più rapido dei tassi d'interesse, che potrebbe aggravare la situazione per un'economia già alle prese con una possibile recessione, l'incombente carenza di gas e i costi energetici alle stelle che stanno riducendo il potere d'acquisto.

Finora la banca centrale ha minimizzato la questione, sostenendo di non avere un obiettivo per il tasso di cambio, anche se la valuta è importante. I verbali della riunione politica di giugno, pubblicati oggi, non hanno evidenziato particolari preoccupazioni. Ma le mosse del mercato sono ormai troppo ampie per essere minimizzate.

"La debolezza dell'euro rafforza l'idea che la Bce sia rimasta indietro rispetto alla curva", ha detto Dirk Schumacher, responsabile della ricerca macro europea di Natixis Cib. "Considerato l'alto livello dell'inflazione, un euro più forte sarebbe molto utile perché abbasserebbe l'inflazione".

L'euro è in calo del 10% rispetto al dollaro quest'anno, anche se la valuta è scesa solo del 3,3% finora.

Questo fa aumentare il costo delle importazioni, soprattutto per l'energia e altri beni denominati in dollari, rendendo tutto più costoso. Secondo studi spesso citati dalla Bce, un deprezzamento dell'1% del tasso di cambio aumenta l'inflazione dello 0,1% in un anno e fino allo 0,25% in tre anni.

MAGGIORE DEBOLEZZA?

Il problema è che i fondamentali economici indicano un'ulteriore debolezza dell'euro.

In primo luogo, la Bce e la Federal Reserve statunitense si stanno muovendo a velocità molto diverse.

Mentre il presidente della Fed Jerome Powell ha chiarito di essere disposto a rischiare una recessione con rialzi dei tassi sproporzionati per far scendere l'inflazione, la Bce continua a fare piccoli passi per eliminare la politica ultra-accomodante dell'ultimo decennio, durante il quale l'inflazione era troppo bassa. 

La Bce alzerà i tassi per la prima volta questo mese, ma prevede di far uscire il tasso sui depositi dal territorio negativo solo a settembre, e ogni ulteriore mossa sarà complicata dai rischi di recessione.

Le prospettive della zona euro si sono talmente deteriorate da metà giugno che un rialzo dei tassi è stato incorporato nei prezzi e i mercati vedono ora solo 135 punti base di inasprimento da parte della Bce.

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La Fed, che ha già aumentato i tassi diverse volte, tra cui il mese scorso di 75 punti base, dovrebbe aumentarli di altri 180 punti base.

Ciò consente agli investitori di ottenere maggiori guadagni dall'altra parte dell'Atlantico e quindi di spostare i contanti dall'Europa, indebolendo così l'euro.

In secondo luogo, l'enorme dipendenza energetica della zona euro, soprattutto dal gas russo, rende l'economia più vulnerabile alle ripercussioni della guerra in Ucraina, un freno naturale per la valuta.

"Di fronte al rischio incombente di recessione - e essendo l'euro una valuta prociclica - la Bce potrebbe avere le mani legate nella possibilità di mettere in atto rialzi dei tassi più aggressivi in difesa dell'euro", ha detto Ing in una nota ai clienti.

Infine, la spesa energetica del blocco ha fatto lievitare i costi delle importazioni, lasciando la regione con un raro deficit delle spese correnti. Tali deflussi indeboliscono anche la moneta nel lungo periodo.

Per sostenere l'euro, la Bce potrebbe annunciare un inasprimento più aggressivo della politica monetaria, con un aumento di 50 punti base a settembre e ulteriori manovre a ottobre e dicembre.

Ma poiché i mercati si aspettano già queste misure, la Bce deve anche adeguarsi, almeno in parte, al messaggio della Fed secondo cui la riduzione dell'inflazione ha la priorità su tutte le altre questioni, anche se ciò significa aggravare la recessione.

Un segnale del genere, anche se positivo per l'euro, alimenterebbe probabilmente un crollo dei mercati periferici del blocco valutario, scatenando le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito.