Nasdaq mai così male dal 2008, la Fed farà come 20 anni fa?

Investing.com

Pubblicato 02.05.2022 09:26

Aggiornato 02.05.2022 10:19

Di Alessandro Albano

Investing.com - Le paure per un regime di stagflazione, unite al ciclo di inasprimento della Federal Reserve e a trimestrali tech sotto le previsioni, hanno spinto il Nasdaq a registrare il peggior mese dall'ottobre 2008 (-13,3%) entrando in fase di 'bear market' (-22% da inizio 2022), mentre lo S&P 500 ha perso l'8,8% nel mese con un -14% perso da gennaio.

E con la Fed che nella riunione di martedì/mercoledì potrebbe decidere di dare il via al primo aumento dei tassi da 50 punti base per la prima volta dal 2000, il mese di maggio non sembra mostrare segnali per un'inversione di tendenza. I future indicano un avvio in rialzo per la prima seduta mensile (Nasdaq +90 punti), ma per Charlie Ripley, senior investment strategist di Allianz (ETR:ALVG) Investment Management, "gli investitori non si sentono a proprio agio con la politica monetaria".

Per contrastare un'inflazione accelerata ai massimi dal dicembre 1981 (+8,5% a marzo a/a), la Fed ha paventato nelle sorse settimana anche la possibilità di aumentare il target dei Fed Funds dello 0,75%, possibilità che secondo Ellen Gaske, lead economist di PGIM Fixed Income, "si è calmato nei giorni scorsi". Per il Fed rate monitor di Investing,com, i mercati prezzano quasi al 100% di probabilità un aumento dei fondi federali dello 0,5%.

"La Fed anticiperà aumenti di 50 punti base sia nella riunione di maggio che a giugno (con rischi leggermente inclinati verso un aumento di 25 punti base alla riunione di giugno invece di 50 punti base)", ha affermato l'economista, secondo la quale potrebbe esserci "un ritmo più lento degli aumenti dei tassi della Fed entro la seconda metà di quest'anno".

"Ma affinché questo possa accadere, le letture mensili dell'inflazione dovranno raggiungere il picco in modo abbastanza convincente", ha precisato Gaske.

Se non dovesse esserci una moderazione dell'inflazione, il momento "Volcker" non arriverà "fino alla fine di quest'anno o all'inizio del prossimo anno", e a quel punto la Fed avrà avuto più tempo "per valutare gli effetti dei venti contrari che si stanno già accumulando, ad esempio condizioni finanziarie più restrittive; un rollback fiscale; prezzi elevati dell'energia e dei generi alimentari contro il ritardo dei salari e un rallentamento dell'economia globale", ha sottolineato l'economista di PGIM.

L'head of research di Integrae SIM Antonio Tognoli punta sul rischio di "stagflazione", ricordando che "i dati della scorsa settimana (a cominciare dal PIL USA) sembrano piuttosto chiari: la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia stanno smorzando le prospettive economiche di crescita, apparentemente più negli Usa che in Europa. Sia pure con qualche differenza, le due economie stanno lentamente scivolando verso la stagflazione".

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Per diminuire la spinta inflazionistica. secondo Tognoli le banche centrali "dovrebbero ridurre la massa di moneta circolante (alzando i tassi e riducendo la velocità di circolazione) e per questa via ridurre la domanda di beni e servizi, penalizzando però la crescita economica". La lotta alla stagflazione, tuttavia, comporta "un aumento dei tassi" che sui mercati azionari significa "un aumento del premio per il rischio richiesto dagli investitori".

In termini di portafoglio, per l'esperto bisognerebbe preferire "una strategia bottom up che vada a privilegiare i titoli di quelle società che producono cassa, hanno una redditività mediamente superiore a quella del proprio settore di riferimento e sono leader nel mercato nel quale operano. Da non sottovalutare inoltre le assets class value, quali per esempio oro e immobili".

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