Timori esodo industria europea verso Usa potrebbero essere esagerati

Reuters

Pubblicato 03.03.2023 17:26

BRUXELLES (Reuters) - Politici e manager europei sembrano oggi meno timorosi che i miliardi di dollari di sussidi 'green' stanziati dagli Usa inneschino un esodo di aziende europee oltreoceano e, per molti, il varo di un nuovo enorme pacchetto di aiuti contrapposti non è la risposta giusta. 

I leader Ue riconoscono comunque il rischio che i requisiti del "Made in Usa" per accedere ai 369 miliardi di dollari di aiuti previsti dall'Inflation Reduction Act (Ira) attiri alcune aziende verso gli Stati Uniti. L'annuncio di Tesla (NASDAQ:TSLA),, che ha fatto sapere che si concentrerà sulla produzione di batterie negli Usa, è considerato un esempio lampante.

Tale rischio è compensato non solo dai generosi incentivi europei, ma anche da altri fattori - come la vicinanza ai consumatori europei - che molte aziende ritengono fondamentali nelle decisioni.

Marzo sarà un mese decisivo, visto che Bruxelles chiede a Washington di allentare le regole sui crediti d'imposta da concedere ai consumatori sull'acquisto di veicoli elettrici prima che il dipartimento del Tesoro Usa ne stabilisca le linee guida.

La Commissione europea presenterà inoltre alcune proposte legislative prima di un vertice dei leader Ue sulla competitività dell'Unione. La questione principale sarà determinare in che misura la Ue debba ammorbidire la normativa sugli aiuti di Stato.

Secondo il think tank Bruegel, gli aiuti Ue sono già pari o addirittura superiori ai fondi stanziati dagli Usa con il piano Ira. Inoltre, ben oltre la metà del sostegno del piano dell'amministrazione di Joe Biden è destinato alla produzione di energia rinnovabile, con un ruolo assai limitato dei requisiti di contenuto locale.

A parere di molte aziende basate in Europa, Ira stimolerà gli investimenti 'green' degli Stati Uniti, ma non a spese dell'Europa.

Richard Palmer, direttore finanziario di Stellantis (BIT:STLAM) ritiene l'impatto dell'Ira non significativo, dal momento che il piano Usa si concentra sulla fornitura locale di batterie e sulla produzione di veicoli elettrici, unico modo perché l'azienda sia competitiva.

Ilham Kadri, Ceo del gruppo chimico belga Solvay (EBR:SOLB), ha detto che la vicinanza ai clienti è fondamentale, dichiarandosi "molto ottimista" sull'Europa.

Francesco Starace, AD di Enel (BIT:ENEI) non crede che le aziende si sposteranno negli Stati Uniti soltanto per via delle differenze nei sussidi.

"Ci sono molti soldi che cercano buoni investimenti, quindi il vero punto è se ci sono delle buone idee", ha detto a Reuters.

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Secondo un sondaggio a cura della Camera di Commercio e dell'Industria tedesca (DIHV), pubblicato mercoledì, un'azienda tedesca su 10 intende spostare la produzione in altri paesi, e il Nord America è la regione con le prospettive commerciali più rosee. Uno dei motivi citati è il costo dell'energia.

Il governatore della banca centrale belga Pierre Wunsch ha affermato che l'aumento dei prezzi dell'energia e delle emissioni di carbonio in Europa avrà probabilmente un impatto maggiore rispetto all'Ira, che per alcune aziende potrebbe diventare "la goccia che fa traboccare il vaso".

"È possibile che in alcuni settori energivori le nuove attività si trasferiscano negli Usa o forse in Asia, ma in altri guadagneremo, perché il tasso di cambio si adeguerà", ha commentato Wunsch.

Alcune aziende condividono l'opinione secondo cui gli investimenti sono guidati da fattori diversi dagli aiuti di Stato.

Henrik Andersen, Ceo dell'azienda danese di turbine eoliche Vestas, si dichiara "assolutamente contrario" ai sussidi statali, facendo riferimento alle autorizzazioni per i parchi eolici, molte delle quali vengono rilasciate a livello locale, creando un ostacolo rilevante.

"In Europa ci sono 80 gigawatt di permessi inevasi per la produzione di energia. In alcuni posti ci vogliono otto anni", ha spiegato.

La prossima legislazione della Commissione prevede piani che affrontino la questione delle autorizzazioni, oltre a una legge sulle materie prime fondamentali per aumentare la resilienza dell'approvvigionamento.

Holger Goerg, presidente dell'Istituto di Kiel per l'economia mondiale, ha affermato che sussidi statali massicci sarebbero uno spreco di denaro, spesso a vantaggio di aziende tecnologiche già molto redditizie.

Goerg ritiene, tuttavia, che ci sia spazio per una politica di sostegni mirati, ad esempio per la promozione di nuove tecnologie verdi.

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Altri osservatori si esprimono a sostegno di sussidi mirati, finalizzati a promuovere le tecnologie verdi in una fase iniziale, in modo da garantire determinati livelli di produzione di batterie e altri prodotti per rendere l'Ue più resiliente e meno dipendente da forniture esterne.

Alcuni dirigenti sostengono che piuttosto che fornire più sussidi, l'Europa dovrebbe semplicemente snellire le modalità in cui vengono erogati.

Il colosso chimico tedesco BASF ha annunciato che non intende spostare la produzione dall'Europa, osservando però che i crediti d'imposta Usa offrono un migliore incentivo agli investimenti rispetto agli aiuti una tantum previsti dall'Ue.

Gli Stati Uniti non sono però la panacea per le imprese europee, anche perché ci si interroga su quale sarà l'approccio della prossima amministrazione alla casa Bianca.