Aifa dà ok a sperimentazione farmaco per curare Covid ai primi sintomi

Reuters

Pubblicato 27.10.2020 10:10

di Emilio Parodi

MILANO (Reuters) - L'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha dato il via libera alla sperimentazione clinica umana del Raloxifene, un farmaco generico che i ricercatori sperano possa curare il Covid fin dai primi segni della malattia, evitando quindi sia il peggioramento dei pazienti sia l'ingolfamento degli ospedali.

Lo studio che ha portato a questo farmaco, già approvato dall'Ema e commercializzato per il trattamento dell'osteoporosi, è stato condotto da Excalate4Cov, un consorzio pubblico-privato sostenuto dalla Commissione europea, composto da 18 partner e guidato dall'italiana Dompé Farmaceutici.

"La sperimentazione clinica sarà uno studio adattivo, che coinvolgerà fino a 450 pazienti e sarà una fase 2 e 3 perché il Raloxifene è già sul mercato e quindi è stato valutato sicuro per l'uomo", ha detto a Reuters Andrea Beccari, computer scientist di Exscalate.

La sperimentazione sarà condotta nella fase iniziale dall'Ospedale Spallanzani di Roma, che guiderà lo studio, e dall'Humanitas di Milano e sarà effettuata sia su pazienti ospedalizzati che a domicilio.

I 450 pazienti riceveranno un trattamento con capsule orali di Raloxifene o placebo per sette giorni.

La molecola selezionata dal Consorzio agisce prima di tutto come antivirale, secondo Marco Allegretti, responsabile della Ricerca di Dompé.

"Inibisce la replicazione del virus, prevenendo così il peggioramento dei pazienti con sintomi lievi, e diminuisce anche l'infettività, limitando la carica virale", ha detto.

I ricercatori sostenuti dall'Ue a partire da febbraio hanno utilizzato i supercomputer per testare virtualmente più di 400.000 molecole, concentrandosi su quelle già disponibili e approvate per la sicurezza nell'uomo.

Questo farmaco anti osteoporosi si lega inoltre alle evidenze per cui la popolazione femminile in pre-menopausa è più protetta contro il Coronavirus.

"Il Raloxifene è un agonista dei recettori degli estrogeni, che regolano una componente infiammatoria del virus", ha detto Allegretti.

"Quindi questa molecola può agire sia direttamente sul virus che attivando gli estrogeni e quindi migliorando la risposta immunitaria e garantendo un effetto protettivo", ha aggiunto.

SUPERCOMPUTING

Il percorso che ha portato al Raloxifene e prosegue verso i farmaci di seconda generazione, secondo le dichiarazioni rilasciate a giugno dal Consorzio e dalla Commissione europea, inizia con Exscalate, la piattaforma intelligente di supercalcolo che la rivista Nature ha descritto come la più potente ed economica del mondo.

Utilizza una biblioteca chimica di 500 miliardi di molecole e può elaborare 3 milioni di molecole al secondo utilizzando quattro supercomputer di oltre 122 Petaflops.

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Oltre a Dompé, il consorzio comprende istituzioni, centri di ricerca e aziende farmaceutiche di 7 paesi europei, tra cui l'Università di Lovanio, il Fraunhofer Insititute, il Politecnico di Milano e l'Ospedale Spallanzani.

FATTORE DI 'BUSINESS OUT'

"L'importanza di un consorzio pubblico-privato e di finanziamenti pubblici è di togliere il fattore business dalla ricerca durante una pandemia", ha detto l'informatico Beccari.

"Progetti come il nostro sono più liberi di utilizzare molecole non particolarmente redditizie. Il raloxifene è molto conveniente, è un farmaco generico perché i brevetti sono scaduti", ha sottolineato.

Lo scienziato ha spiegato che una volta isolato il genoma del coronavirus, hanno creato una struttura tridimensionale delle proteine del virus e, grazie al supercomputer di Eni (MI:ENI), non si sono concentrati su una singola proteina ma hanno simulato tutte e 12 le proteine del coronavirus.

Le simulazioni dinamiche molecolari permettono di studiare come le proteine interagiscono e dove i possibili siti di ogni proteina possono essere attaccati da un farmaco.

"Ogni singola molecola farmaceutica viene inserita in tutti i 16 siti di ciascuna delle 12 proteine del virus. Ci sono volute un milione di ore di calcoli", ha detto.

PROTEZIONE CIVILE PER LA RICERCA

Secondo Andrea Beccari, invece, l'approccio per affrontare una pandemia andrebbe cambiato.

"Va ricordato che la prima risposta possibile è l'uso di un farmaco esistente. Con un contributo Ue fino a 4 milioni di euro, abbiamo dimostrato che ci sono modi che non comportano miliardi di investimenti".

"L'attenzione è stata troppo polarizzata sul vaccino, e invece è necessario uno sforzo comparabile per la cura", ha sottolineato.