G7, leader finanziari divisi in discussione su misure contrasto Cina

Reuters

Pubblicato 12.05.2023 09:55

NIIGATA, GIAPPONE (Reuters) - I leader finanziari del G7 discuteranno questa settimana l'idea di attuare controlli mirati sugli investimenti in Cina, considerata dagli analisti come un'arma a doppio taglio che potrebbe portare a scarsi risultati.

Quello della Cina è un tema molto sentito dai leader finanziari del G7 riuniti a Niigata, in Giappone, Paese che detiene la presidenza attuale del G7 e che è alla guida dei nuovi sforzi volti a diversificare le catene di approvvigionamento e ridurre la pesante dipendenza da Pechino.

 Il gruppo non è d'accordo sulle misure da adottare per contrastare la Cina, in quanto una riduzione degli scambi con la seconda economia mondiale potrebbe infliggere un duro colpo a Paesi che dipendono dalle esportazioni come la Germania e il Giappone.

Gli Stati Uniti sono in prima linea nel sollecitare misure più forti contro la Cina. La segretaria al Tesoro Janet Yellen ha detto ieri che molti membri del G7 condividono i timori degli Stati Uniti sull'uso della "coercizione economica" da parte della Cina nei confronti di altri Paesi e stanno valutando come contrastare tale condotta.

"Abbiamo discusso con i nostri colleghi del G7 e mi aspetto che questi incontri continuino, almeno in modo informale", ha detto Yellen a proposito della spinta degli Stati Uniti per imporre tali limitazioni.

La Germania è sempre più diffidente nei confronti di Pechino come rivale strategico e ha preso in considerazione misure per rivalutare i legami bilaterali, ma è cauta nel mostrarsi come artefice di un fronte del G7 contro la Cina.

A dimostrazione della delicatezza della questione per la Germania, il Paese ha guidato gli appelli per mettere in guardia dal prendere di mira la Cina nell'ambito delle nuove sanzioni Ue per l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, hanno detto a Reuters cinque fonti diplomatiche.

Al vertice dei leader del G7 della prossima settimana si potrebbe discutere dell'implementazione di controlli mirati sugli investimenti in Cina, ma qualsiasi controllo degli investimenti sarebbe focalizzato su settori strategicamente rilevanti, ha detto ieri una fonte governativa tedesca.

Le discussioni tra i leader finanziari getteranno le basi per il vertice di Hiroshima.

Il Giappone, Paese ospitante, è cauto in merito all'idea di controllare gli investimenti in uscita dalla Cina, visto l'enorme impatto che potrebbe avere sul commercio globale e sulla propria economia.

"Limitare gli investimenti in uscita sarebbe piuttosto difficile", ha detto uno dei funzionari, che ha parlato in condizione di anonimato a causa della delicatezza del tema.

"Gli Stati Uniti, per esempio, stanno ricavando molte entrate dagli investimenti in Cina, il che porta a chiedersi se se si possano davvero imporre restrizioni", ha affermato il funzionario.

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Il Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt ha detto ieri al quotidiano Nikkei che il G7 deve contrastare la coercizione economica della Cina, senza però fare alcun riferimento ai controlli sugli investimenti.

Un'altra iniziativa meno controversa che dovrà essere approvata dal G7 è la creazione di partnership con i Paesi a basso e medio reddito per diversificare le catene di approvvigionamento e allentare la dipendenza da Paesi come la Cina.

Il Giappone ha invitato sei Paesi non appartenenti al G7, tra cui il Brasile, l'India e l'Indonesia, per un incontro allargato che si terrà oggi e in cui si discuterà di partnership per la catena di approvvigionamento.

Gli analisti, tuttavia, sono scettici sull'efficacia di tali misure per contrastare Pechino.

"È molto difficile escludere la Cina, data la sua potenza economica", ha detto Toru Nishihama, capo economista dei mercati emergenti presso il Dai-ichi Life Research Institute. "Fare ciò potrebbe dividere il commercio mondiale, danneggiare la crescita globale e le stesse economie del G7", ha aggiunto.

Isolando la Cina, che è il primo creditore sovrano mondiale, le ricche democrazie del G7 avrebbero anche difficoltà nell'aiutare le economie emergenti a risolvere i loro problemi di debito.