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Fed: aumentano i dubbi per l’idea di inflazione della banca nello spettro economico

Pubblicato 28.06.2021, 15:34
TLIT
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AABA
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Qualcun altro a parte Larry Summers definisce il nuovo piano sull’inflazione della Federal Reserve “pericoloso”. Si tratta di due economisti britannici.

La loro analisi dell’attuale politica della banca centrale statunitense, scritta per l’OMFIF la scorsa settimana, si intitola: “Il pericoloso esperimento della Fed”. Tim (MI:TLIT) Congdon, rinomato monetarista, è presidente dell’Istituto di Ricerca Monetaria Internazionale dell’Università di Buckingham, mentre il co-autore Juan Castañeda ne è il direttore. Avvertono che “l’esplosione” della crescita monetaria segnala un significativo aumento dell’inflazione.

“Ma la maggior parte degli economisti, nelle università e nei dipartimenti di ricerca delle banche centrali, ignorano il denaro nelle loro analisi sull’inflazione”, scrivono gli autori.

“Utilizzano invece modelli neokeynesiani, nei quali il trend di inflazione è determinato dalle aspettative sull’inflazione e dalla variazione dell’inflazione per il divario di produzione”.

Il vangelo della Fed proclama ancora un’inflazione “transitoria”, ma pesano politici ed economisti

“Ma i neokeynesiani hanno difficoltà nello spiegare che l’aumento dell’inflazione è già avvenuto e potrebbero essere eccessivamente compiaciuti nel credere che le pressioni rialziste sui prezzi spariranno presto”, dicono Congdon e Castañeda.

Il Presidente della Fed Jerome Powell ha indubbiamente predicato il vangelo della banca centrale nella sua testimonianza della scorsa settimana alla Sotto-commissione alla Camera sull’emergenza coronavirus. Ha ribadito l’idea della Fed che la recente inflazione più alta è dovuta ai prezzi bassi di un anno fa e ad “effetti transitori sulle forniture”.

Rispondendo ad una domanda, Powell ha ammesso che “questi effetti sono stati maggiori di quanto pensassimo”. Sempre più scettici si chiedono cosa succederà se l’inflazione continuasse ad essere più alta di quanto prevedano i policymaker.

“La nostra idea è che l’inflazione al consumo USA compresa tra il 5% ed il 10% persisterà per molti trimestri”, scrivono gli esperti britannici. “Inoltre, per tornare a tassi di inflazione vicini al 2%, la Fed dovrà interrompere gli acquisti di asset e moderare il tasso annuo di crescita monetaria al 5% o meno”.

Ma un simile inasprimento monetario non sembra essere nei suoi piani. Per quanto la Fed si vanti di essere indipendente, Powell e i suoi colleghi del Federal Open Market Committee chiaramente non sono immuni all’influenza politica.

Carolyn Maloney, membro del Congresso senior di New York, la scorsa settimana non si è fatta remore nel mettere in guardia la Fed, dopo le proiezioni da cui è emerso che i membri del FOMC hanno anticipato la tempistica degli aumenti dei tassi di interesse.

“La Fed dovrebbe essere molto cauta nel mettere un freno all’economia”, ha riferito Maloney in un’intervista al Financial Times.

“Stiamo uscendo da una depressione economica. Quindi l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che la Fed inasprisca la politica monetaria troppo velocemente e ci rispedisca in recessione”.

Il capo della Fed di New York John Williams la scorsa settimana ha cercato di rassicurare gli investitori.

“È chiaro che l’economia sta migliorando rapidamente e le prospettive a medio termine sono molto buone”, ha affermato Williams durante un evento virtuale della Midsize Bank Coalition of America. “Ma i dati e le condizioni non sono migliorati abbastanza affinché il FOMC cambi la sua posizione di politica monetaria di forte supporto per la ripresa economica”.

Ma un economista dell’Università di New York famoso per le sue previsioni cupe, Nouriel Roubini, è molto meno ottimista.

“Finiremo con un’inflazione alta ed una spirale salari-prezzi nel tempo”, ha dichiarato Roubini a Yahoo (NASDAQ:AABA) Finance Live.

“La Fed non può inasprire per via dell’alto livello di debito nel sistema e, se cercherà di inasprire troppo presto, il sistema finirà per collassare. Quindi si trova in una trappola del debito. In un dominio fiscale”.

Questo neokeynesiano si trova dalla parte opposta dello spettro rispetto ai monetaristi britannici, ma condivide il loro stesso timore che l’inflazione è tornata e non se ne andrà tanto presto.

 

 

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