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Pubblicato 31.01.2013, 09:28
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Nulla di supportivo per il dollaro

Le potenziali mosse o per meglio dire dichiarazioni che, seppur con cautela, paventavamo ieri da parte del Federal Open Market Committee non ci sono state e ciò è stato ben riflesso dai prezzi sul valutario ma non solo, prezzi che avrebbero reagito in maniera importante laddove lo scenario più probabile – quello poi realizzatosi - fosse stato disatteso.

La Fed ha infatti lasciato i tassi fermi tra lo 0% e lo 0,25% e ha ribadito la prosecuzione del programma di acquisto di asset per 85 miliardi al mese, suddivisi tra acquisti di Treasury e MBS (titoli cioè garantiti da mutui ipotecari).

Ciò che veniva seppur vagamente caldeggiato era infatti la possibile presa di posizione di alcuni membri del FOMC circa l’opportunità di ridurre la portata del QE laddove l’economia a stelle strisce avesse confermato gli incoraggianti segni di ripresa che nelle ultime release pure si erano evidenziati.

Puntualmente invece nel pomeriggio è arrivata la smentita del PIL il quale si è contratto dello 0,1% nel quarto trimestre dell’anno scorso, una forte frenata dopo il 3,1% del terzo trimestre; quello di ieri è stato infatti il tasso più basso dagli ultimi tre anni.

Bernanke ha perciò affermato che non vi è alcuna possibilità di cambiamento strategico dell’Istituto Centrale fino a quando la disoccupazione non sarà tornata sotto il 6,5% (ricordiamo che domani vi saranno i Non Farm Payrolls e proprio il Tasso di disoccupazione previsto al 7,8%).

Questo farà sì che il mare di liquidità iniettato nel sistema e che inonda i mercati perdurerà in tutta la sua portata e andrà a costituire di fatto un elemento per un ulteriore debolezza del biglietto verde laddove l’altra grande area macroeconomica, cioè l’Europa, non riesce a mettere in campo gli stessi strumenti di gestione della crisi del debito e si trova nel paradosso di essere l’economia più debole con la valuta più forte.

Rimanendo sul fronte USA da qui ai prossimi mesi sarà comunque decisivo il cammino politico volto alla riduzione della spesa pubblica che dovrà evitare ulteriori innalzamenti al tetto del debito federale, in un contesto complessivo che ha visto comunque migliorare la spesa per consumi, il mercato immobiliare e gli investimenti aziendali. Sul market mover per antonomasia, quello di domani, sapremo di più circa lo stato dell’arte e sulla bontà delle decisioni fuoriuscite da questo meeting della Fed.


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Gli altri temi, in breve, riguardano la RBNZ che ha lasciato i tassi invariati al 2,5%, scongiurando la possibilità pur contemplata di possibili tagli; l’economia neozelandese ha infatti mostrato segni di miglioramento e l’outlook per il 2013 si delinea positivamente.

Dal vicino fronte australiano invece, abbiamo assistito a forti vendite di valuta domestica legate a un report di S&P che evidenzierebbe come la Cina (principale importatore di materie prime del paese oceanico) potrebbe subire un immediato brusco rallentamento dovuto all’eccessiva spesa pubblica.

In ultimo, è ancora di grande attualità il Giappone dove il possibile futuro capo della BOJ Iwata ha affermato che la deflazione può essere superata solo attraverso la politica monetaria e che il piano di acquisto di bond governativi può e deve raddoppiare a questo fine.

A quanto pare, e questo in parte lo attendiamo anche noi, ancora importanti potranno essere i rialzi dei cambi yen che a breve andremo ad analizzare.

EUR/USD
Preciso il breakout dell’eurodollaro che, dopo i tentativi di rottura di martedì pomeriggio, ha rotto la congestione che lo intrappolava tra l’1,3430 e l’1,3480, raggiungendo così la soglia psicologica di 1,35 che rappresenta anche il ritracciamento di Fibonacci al 50% di lungo periodo. Precisa dunque la violazione dei livelli statici che ha condotto il cambio a massimi intorno l’1,3580, ricalcando in maniera molto simile la dinamica di breakout dell’1,34. La volatilità sul cambio appare tuttora elevata e le notizie macro non sono di certo supportive per il dollaro americano che potrebbe essere ancora venduto. Le prese di profitto e le ricoperture dell’ultimo giorno del mese potrebbero tuttavia far rifiatare gli acquisti laddove, anche se con ritardo, si sta ben sviluppando la divergenza ribassista sul grafico orario che, se oltrepassasse la media a 21 periodi, ci riporterebbe all’1,3530 in primis e 1,35 successivamente. Un pullback del prezzo sulla media potrebbe invece ricondurci ai massimi che, se violati, vedrebbero in 1,36 e 1,3640 i target seguenti.

USD/JPY
Nuovi massimi sfiorati per lo l’USD/JPY che dopo il rally della settimana scorsa si ritrova ora in una congestione di circa una figura tra 90,25 e 91,25. Sappiamo come il posizionamento strategico sia ancora a favore di posizioni long del cambio, ma nel breve il quadro tecnico potrebbe farci assistere a buoni ritracciamenti. E’ infatti ben visibile sul grafico a 4 ore lo sviluppo di una divergenza ribassista in grado ricondurci proprio al livello sopracitato. La tenuta della media a 21 periodi sul medesimo timeframe risulta perciò cruciale in questo senso; un rebound sulla stessa sarebbe supportava per il cambio fino ai massimi relativi con estensioni a 91,80.

EUR/JPY
Molto sostenuto il cammino rialzista dell’euroyen, cambio volatile per natura e ideale in fasi come quelle di ieri nella quale l’euro è stato comprato in maniera importante contro yen strutturalmente venduti. Dopo la violazione di 121,60, livello al 61,8% di Fibonacci di lungo periodo, il cambio si è portato alla soglia di 123 per poi effettuare pullback proprio sul punto di rottura e per mettere a segno nuovi massimi vicini a 124. Sulle prese di profitto per i long di euro, potremmo assistere allo sviluppo della divergenza ribassista sul 4 ore in grado di portarci a 122,50, ove il 123 venisse ben superato. Una tenuta di 123 aprirebbe spazio alla lateralità per movimenti del cross proprio tra 123 e 123,85.

GBP/USD
Ancora strutturale la debolezza della sterlina la cui parziale ripresa è stata solo tardiva, a dispetto dell’Eurodollaro. Molto forte infatti è stato il livello a 1,5770 su cui sistematicamente si sono infranti i tentativi di rialzo del cambio che si trova ora sull’affidabile livello di 1,5830. Questo livello è molto importante per capire i prossimi sviluppi della price action in quanto la sua tenuta confermerebbe il bearish sentiment per riprese di 1,5770 che probabilmente preluderebbe a storni più importanti e nuovi minimi. Un superamento al rialzo vedono in 1,5890 il probabile target.

AUD/USD
Come detto in introduzione, il dollaro australiano è stato venduto questa notte in seguito a rumour relativi a un report di S&P circa bruschi rallentamenti della Cina. Il cambio perciò approfondisce il suo ribasso, ben descritto dalle ottime divergenze ribassiste di ieri, per livelli delicati di minimo a 1,0390. La dinamica potrebbe essere, ad incrementi di volatilità, di breakout per raggiungimenti di 1,0340. Possibili però i ritracciamenti sui retest delle media a 21 e 100 a 1,0416 e 1,0440. Questi livelli, se superati, farebbero tornare di grande attualità l’1,0490.

Matteo Paganini
Senior DailyFX Analyst







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Ultimi commenti

Caro Fabio, ti ringrazio, ogni tanto è bello leggere parole come le tue. A presto e buon trading!
Buongiorno Matteo, ho iniziato a lavorare nel forex da pochi mesi, tuttavia sono ormai diverse settimane che seguo le tue analisi ogni giorno, devo dire veramente ben fatte, chiare e precise. Apprezzo il fatto che non ti esprimi mai sulle tue personali preferenze in termini direzionali. Questo aiuta ulteriormente a non influenzare il lettore che prende invece una propria posizione sulla base dei riferimenti messi in evidenza nelle analisi. Saluti. Fabio Marini
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