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Niente panico?

Pubblicato 16.10.2023, 08:39
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"Nei miei sogni ho annegato i miei dispiaceri, ma i miei dispiaceri, hanno imparato a nuotare" (U2, Until The End Of The World)

Nella settimana che sta per iniziare ci sono tutte le condizioni per un nuovo forte aumento della volatilità e un ritorno di interesse per i beni rifugio come dollaro e oro. Anche le aspettative sui tassi di interesse potrebbero cambiare. La parola chiave si chiama “escalation” ovvero l’ulteriore inasprimento del conflitto in Medio Oriente con l’estensione anche ad altre potenze, non solo regionali. Il game changer potrebbe essere la posizione della Cina che, attraverso il massimo diplomatico di Pechino, Wang Yi, nel corso di una telefonata con l’omologo iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha dichiarato di sostenere i Paesi islamici nel rafforzare l’unità e il coordinamento sulla questione palestinese. Parallelamente gli Usa sostengono con fermezza la causa israeliana mentre l’Unione Europea pare più cauta invitando Tel Aviv a rispettare il diritto internazionale. Sullo sfondo la Russia, che al momento non si è schierata per concentrarsi sul fronte Ucraino. Per cercare di misurare il termometro della tensione gli operatori guardano alle uniche Borse aperte nella giornata di domenica ovvero Israele, -4% sui minimi dal luglio 2021 (-12% dallo scoppio del conflitto) e Arabia Saudita, -0,5% (-6%). La settimana si riapre con la volatilità sull’indice S&P 500 salita dell’11% in una settimana e del 40% in un mese. Altra variabile da considerare il prezzo del gas sulla Borsa di Amsterdam: +42% in una settimana. Per fortuna in buona parte d’Europa sembra di essere ancora in estate.

L’estate sta finendo

Il calendario macro della settimana è molto ricco con gli ultimi dati dei mesi estivi. Oggi alle 10:00 l’indice dei prezzi al consumo in Italia a settembre, atteso in calo su base mensile e annua, ma sempre sopra la soglia del 5%. In serata si riunisce invece il Consiglio dei Ministri italiano che dovrebbe approvare la Legge di Bilancio. Rispetto alle attese della vigilia il testo dovrebbe indicare delle “coperture” delle deficit in linea con le richieste dell’Unione Europea per evitare di creare tensione sul debito pubblico, considerato che nel corso della scorsa settimana spread e rendimento del BTP a 10 anni sono tornati verso le soglie di allerta rispettivamente 200 punti e il 5%. Martedì sarà invece il momento delle vendite al dettaglio in Usa a settembre, mentre mercoledì l’inflazione nell’Unione Europea sempre a settembre. L’attesa è per un +4,3% su base annua rispetto al +5,2% di agosto ma pur sempre lontano dal target del 2% della BCE. Giovedì alle 14:30 in Usa saranno rilasciati importanti dati sul mercato del lavoro e l’indice di produzione della Fed di Filadelfia a ottobre. Quest’ultimo, è visto in miglioramento sulla rilevazione precedente: -6,8 da -13,5, ma sempre nel territorio di un’economia in recessione. Infine venerdì il giudizio di Standard & Poor’s sul debito italiano. A livello di trimestrali Usa in settimana riportano: J&J, Bank of America (NYSE:BAC), Tesla (NASDAQ:TSLA) (mercoledì), Procter&Gamble, Taiwan Semiconductor, Nestlé, Roche e l’Oreal.

L’Europa sta meglio degli Usa

Secondo Mabrouk Chetouane, Global market strategist di Natixis Investment Managers il credito europeo ha sovraperformato quello statunitense e ha persino registrato una riduzione degli spread. È forse questa la notizia più rilevante relativa a un mese, quello di settembre, che si è confermato non positivo per gli investitori. Dopo i primi mesi estivi, si sono infatti registrati ribassi sia sul mercato azionario sia su quello obbligazionario. Un movimento innescato dalle dichiarazioni dei banchieri intervenuti a Jakson Hole, che hanno raffreddato gli entusiasmi per un taglio dei tassi entro la fine del primo trimestre 2024. Sempre osservando i dati a fine settembre, secondo Natixis IM l’Msci World in dollari ha registrato un calo del 4,1%, portando la performance annuale al +11,6%, e sottoperformando l’Msci Emerging Markets, che è calato del 2,6% su base mensile attestandosi su un rendimento dello 0,4% su base annua. A dominare gli acquisti il settore energetico, grazie a un rincaro dei prezzi del Brent e del Wti che sono arrivati rispettivamente al +9,7% e +8,6% in un mese, dopo la decisione dell’Arabia Saudita e della Russia di prolungare i tagli volontari alla produzione fino alla fine dell’anno.

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