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Rendimenti dei titoli del Tesoro ancora in salita, occhi puntati sulla Fed

Pubblicato 09.03.2021, 11:24
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Gli investitori sono sul chi va là: con i rendimenti dei Titoli del Tesoro a 10 anni che continuano a salire sale un certo scetticismo sull’insistenza della Federal Reserve nel mantenere la politica monetaria accomodante fino alla ripresa generale e sostenuta dell’occupazione.

UST 10Y Weekly TTM

L’indicatore sui rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni ha superato l’1,6% questo lunedì e si è attestato a quel livello. Intanto, le aspettative di inflazione a 10 anni restano ben al di sopra del 2%, e si avvicinano al 2,25%.

Ma gli analisti hanno notato che le aspettative di inflazione a cinque anni sono anche più elevate e superano il 2,5%, indicando che gli investitori si aspettano un intervento della Fed per bloccare l’aumento dei prezzi.

L’approvazione da parte del Senato del pacchetto di stimolo da 1,9 mila miliardi di dollari avvenuto durante il fine settimana ha condizionato gli investitori questo lunedì. Da una parte, il Dow Jones Industrial Average ha chiuso in salita di quasi l’1%, a 31.802 mentre i prezzi dei titoli del Tesoro sono scesi, con il rendimento ben al di sopra della chiusura di venerdì (i prezzi dei bond si muovono inversamente ai rendimenti).

Calo dei contagi, ulteriore stimolo, aumento della domanda

La Camera dovrebbe approvare la legge sul pacchetto di stimolo già questo martedì e inviarla alla Casa Bianca per la firma del Presidente Joe Biden. La spinta all’economia, dai versamenti diretti ai cittadini all’aumento dei sussidi di disoccupazione, coincide con un netto calo dei contagi da COVID e con le previsioni di una ripartenza dell’economia.

Nessuno sa cosa accadrà con la fine dei lockdown. L’aumento della domanda, gli eventuali risparmi accumulati e lo stimolo alimenteranno un boom che spingerà l’inflazione?  Queste dovrebbero essere le aspettative, ma il ritmo della crescita e dell’inflazione resta un punto interrogativo.

La Fed eviterà di alzare i tassi per tre anni con un aumento dell’inflazione? Forse sì, forse no.

L’aumento dei tassi di interesse, con o senza l’intervento della Fed, soffocherà la ripresa economica e ostacolerà l’obiettivo della Fed del raggiungimento della piena occupazione? Forse.

L’asta di mercoledì di 38 miliardi di dollari in titoli del Tesoro decennali ci darà qualche indicazione sulla stabilità del mercato dopo che i primary dealers sono stati costretti a prendere una grossa fetta di titoli del Tesoro a sette anni durante la “brutale” asta del 25 febbraio.

Anche i rendimenti sui bond del governo della zona euro sono saliti questo lunedì, sostenuti dall’aumento dei rendimenti del Tesoro USA e dell’impennata del greggio Brent sopra i 70 dollari al barile, a causa dell’attacco subiti da alcune infrastrutture petrolifere saudite.

La Banca Centrale Europea ha rivelato lunedì di aver rallentato gli acquisti nell’ambito del PEPP a 11,9 miliardi nella settimana terminata il 3 marzo, dai 12 miliardi della settimana precedente e con una media di 18 miliardi settimanali, nonostante abbia ancora 1.000 miliardi di euro a disposizione nel programma. La BCE ha dichiarato che sugli acquisti hanno pesato i volumi dei riscatti, ma gli analisti hanno concluso che i policy maker delle banche centrali non vedono il bisogno di rallentare l’aumento dei rendimenti.

Il consiglio direttivo della BCE si riunirà questa settimana e gli investitori attenderanno eventuali segnali da parte della banca centrale a sostegno degli acquisti di bond.

I policy maker della Fed sono stati piuttosto loquaci prima del consueto periodo di silenzio che precede i vertici, ed hanno sottolineato che è l’occupazione e non l’inflazione la loro priorità principale. E per occupazione non si intende solo il dato principale, ma una visione di insieme che consideri anche la disoccupazione nelle minoranze etniche. Il prossimo vertice del Federal Open Market Committee si terrà il 16 e 17 marzo.

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