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Trump va in "guerra"...contro tutti

Pubblicato 05.03.2018, 14:17
Aggiornato 04.10.2023, 19:20
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Gentili lettori di Investing.com,

la scorsa settimana, è stata l'ennesima di passione sui mercati azionari mondiali, che hanno fatto registrare cali in media superiori al 3%, seppur, in quest'occasione ad innestare volatilità (e quindi paura, scompiglio) non sia stato il timore di un repentino incremento dell'inflazione (che costringerebbe le principali Banche Centrali mondiali e la Federal Reserve americana in primis, ad alzare i tassi d'interesse più rapidamente del previsto) ma proprio quel Donald Trump che, fino ad una decina di giorni fa, tramite il suo canale di comunicazione preferito (TWITTER (NYSE:TWTR)) si fregiava di aver condotto i listini azionari americani a livelli mai raggiunti prima.

Era metà Febbraio, quando il segretario al commercio americano Wilbur Ross, aveva fatto presente che la produzione di acciaio e alluminio non fosse sufficiente a soddisfare il fabbisogno domestico e che per evitare che le succitate materie prime venissero importate, sarebbe stato necessario imporre tariffe pari al 24% sulla prima e del 7,7% sulla seconda.

E nessuno, vista anche la scarsa attendibilità dei proclami protezionistici del presidente USA (vedasi muro con il Messico e revisione del trattato NAFTA con Canada e lo stesso Messico mai messi in atto), si sarebbe atteso che giovedì scorso, contro il parere di tutti i consiglieri economici (su tutti lo stimato Gary Cohn), Donald Trump, con il pretesto di garantire la sicurezza nazionale, introducesse dazi addirittura superiori (25% per l'acciaio e 10% per l'alluminio).

Seppur le materie prime in questione rappresentino solo il 2% delle importazioni complessive annuali statunitensi, le ritorsioni internazionali appaiono scontate.

Il più grande produttore al mondo, sia di acciaio che di alluminio, è la Cina, ma le esportazioni in USA sono infinitesimali e pari allo 0,3%, essendo già presenti dazi introdotti dall'amministrazione Obama.

Il maggior esportatore negli Stati Uniti è il Canada, seguito dal Brasile, dal Giappone, dalla Russia e dalla Germania (tutti Paesi alleati NATO).

E' difficile pensare che il bersaglio sia il Canada, visti i considerevoli ed indissolubili legami nel settore petrolifero/ energetico.

Difficile, allo stesso tempo, pensare che per rinvigorire l'occupazione domestica nel settore (al momento l'industria di alluminio e acciaio conta circa 80.000 lavoratori), Trump abbia voluto ledere, in modo sostanzialmente più marcato, l'industria della Difesa (sarebbe un controsenso rispetto al proclama di difesa dell'interesse nazionale) e automobilistica.

E' necessario osservare che, infatti, inevitabilmente, per soddisfare il proprio fabbisogno, queste importanti industrie, saranno costrette a pagare molto di più le materie prime e di conseguenza, ridurre l'organico o trasferire i maggiori costi sui consumatori aumentando i loro prezzi di vendita.

Infatti, per incrementare sensibilmente la capacità produttiva e ridurre sensibilmente le importazioni, si stima siano necessari almeno due/tre anni!

Trump ha sicuramente ragione nel voler affrontare l'atavico deficit della bilancia commerciale tra gli USA ed il resto del mondo ma, adottando una politica tanto aggressiva, sta evidentemente giocando col fuoco e le vittime dello scontro avviato, si conteranno numerose sia in patria che all'estero.

Seppur sia difficile stimare l'impatto sulla redditività dei settori direttamente coinvolti (auto, trasporti e difesa), le perdite sui valori di mercato delle società, sono state superiori al 10% (da General Motors (NYSE:GM) a Fiat Chrysler (MI:FCHA)).

A subire ripercussioni negative (e pertanto vendite diffuse), tuttavia, sono state e presumibilmente continueranno ad esserlo, tutte quelle società nei settori che assemblano componenti e che hanno una filiera di fornitori complessa e localizzata in svariati Paesi (Caterpillar e Boeing (NYSE:BA) hanno fatto registrare considerevoli perdite).

Impossibile stimare se effettivamente il mercato finanziario stia preparandosi ad una vera e propria escalation di una battaglia protezionistica, che inevitabilmente rallenterebbe la crescita economica mondiale.

Ragionevole attendersi un incremento sensibile della volatilità sui mercati azionari, alla luce anche dei messaggi bellicosi inviati nella giornata di Sabato sempre via Twitter da Trump e rivolti inequivocabilmente all'Europa...o meglio, alla Germania.

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