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Volatilità in aumento nella settimana delle banche centrali

Pubblicato 24.07.2023, 06:37
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Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare (F. De Andrè).
 
Settimana densa di dati e avvenimenti importanti per i mercati finanziari quella che si apre oggi. A cominciare dai meeting della FED e della BCE. SI comincia oggi con il PMI composito USA di luglio (stima 54 punti contro 54,4 di giugno) alle 15.45, mentre domani alle 8:00 sarà la volta dell’indice IFO di luglio (stima 87,9 punti contro 88,4 di giugno). Mercoledì è attesa la decisione sui tassi della FED e giovedì quella della BCE, entrambe sono attese aumentare i tassi di 25 bp.
 
Durante la scorsa settimana le azioni hanno continuato la loro marcia al rialzo che si aggiunge all'importante guadagno del 2023 che ha portato l'S&P 500 a ridosso del suo massimo storico. L'ultima serie di annunci sugli utili aziendali USA ha offerto un ulteriore impulso, perché i risultati aziendali del 2Q23 hanno finora indicato che le aziende non stanno poi così tanto male con un’inflazione elevata, ma in calo, e una domanda forte ma moderata.
 
La corsa dei mercati da maggio è stata in gran parte alimentata dal crescente ottimismo circa un potenziale scenario goldilocks, in cui le condizioni economiche non sono né troppo calde per impedire un ulteriore calo dell'inflazione, né troppo fredde per precipitare in recessione.
 
Lo scenario potrebbe anche non essere irrealistico. Quindi, non pensiamo che il rally del mercato sia fuorviante, il che non significa che la costante ascesa delle azioni non possa essere un po' troppo ottimistica. Non crediamo che il mercato debba restituire i guadagni dell'anno e quindi l’indice S&P scendere al livello di fine dicembre 2022. Siamo però convinti che in questa fase la crescita economica non possa essere in grado di sostenere ulteriori guadagni.
 
Man mano che le prove di una crescita più lenta diventeranno sempre più concrete, prevediamo una certa indigestione nei mercati azionari. La volatilità dei mercati può essere sconfortante, pur in presenza di un marcato rallentamento economico che possa sfociare in un soft landing. Questo significa che eventuali correzioni del mercato possano rappresentare un'opportunità per gli investitori.
 
Ci sono alcune caratteristiche comuni che i mercati tendono a replicare nell’entrata e nell’uscita dalle fasi recessive. Tra questi:
·        Le azioni hanno in genere raggiunto il picco circa sei mesi prima dell'inizio delle recessioni, poiché le azioni iniziano a fiutare i venti contrari alla crescita. Con questa misura, l'S&P 500 non sembrano riflettere una recessione imminente. Abbiamo a lungo ritenuto che la svendita dello scorso anno scontasse un'eventuale modesta recessione economica (risultato che continuiamo a credere si verificherà). Si può quindi a ragione sostenere che i mercati azionari sono stati più lungimiranti in un eventuale pullback recessivo;
·        Se la recessione dovesse essere evitata, questa si unirebbe ai mercati ribassisti del 1987 e della metà degli anni '60 come i ribassi del mercato azionario di oltre il 20% che non sono stati accompagnati da recessione;
·        Sebbene la nostra visione di base sia che le azioni non sembrano destinate a tornare al di sotto del minimo del 2022, siamo convinti che gli investitori dovrebbero aspettarsi una maggiore volatilità rispetto a quella che abbiamo sperimentato negli ultimi mesi.
·        la buona notizia è che i mercati hanno storicamente iniziato un nuovo ciclo rialzista prima della fine delle recessioni economiche, evidenziando la natura lungimirante dei prezzi delle azioni. Certo esiste sempre l’incertezza intorno al momento in cui i mercati cominciano ad anticipare la fine della recessione. Gli USA non sono però ancora entrati in recessione. Il modello della FED di NY prevede una fase recessiva con una probabilità del 71% entro il prossimo anno. Difficile quindi capire che cosa stiano scontando in questo momento i mercati;
·        Siamo convinti che i titoli a bassa capitalizzazione offrano attualmente un segnale importante sulle prospettive cicliche. Le società più piccole sono in genere più sensibili alle condizioni economiche interne, spesso sottoperformando prima e durante le recessioni, seguite da sovraperformance quando le prospettive economiche iniziano a migliorare.
·        È infatti interessante notare che anche le small cap (misurate dall'indice Russell 2000) hanno toccato i minimi lo scorso ottobre, proprio nel momento in cui le preoccupazioni per l'inflazione elevata e la politica restrittiva dei tassi di interesse erano più acute. Da allora le small cap sono aumentate, ma non tanto quanto le large caps (S&P 500). L'indice Russell 2000 risulta infatti ancora a sconto del 18% circa rispetto al picco del 2021.
 
 

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