di Carlo De Luca
Responsabile Asset Management
Dal punto di vista delle quotazioni, non ci sono stati movimenti catastrofici sul sistema bancario, mentre era comunque prevedibile attendersi delle vendite sul settore, che ultimamente era risalito moltissimo e quindi non ci stupiamo di assistere a qualche vendita. A nostro modo di vedere non sussiste un “pericolo-banche” specifico in sé, ma non dimentichiamo che un pericolo generico (bank run) è sempre dietro l’angolo. E’il mercato il peggior nemico di sé stesso perché se iniziassero a girare voci di una seconda Credit Suisse, si innescherebbero nuove paure tra gli investitori.
Ma cosa temono in realtà?
Riavvolgendo il filo. Il sistema di banche centrali ha stretto il suo cordone sanitario e in maniera molto veloce ha salvato Credit Suisse dalla bancarotta e questo è certamente un vantaggio per gli investitori. Lo svantaggio è che, in tempi di tassi elevati, insieme alle performance (anch’esse elevate grazie al miglioramento del margine di interesse) non si possono mai escludere potenziali default nelle obbligazioni Corporate che possono creare problemi nei bilanci delle banche. E quando questa eventualità si verifica, nelle banche cosiddette “sistemiche” si crea un potenziale e pericolosissimo effetto-domino di fuori-uscita dal settore.E’ chiaro che si tratta di un’alea rischiosissima in grado di innescare un nuovo credit-crunch.
In questo caso specifico, con UBS che si “mangia” Credit Suisse in un sol boccone, ad uscire con le ossa rotte è in primo luogo il mercato obbligazionario, già estremamente frammentato in tante categorie e non tutte garantite. Se prendiamo i cosiddetti COCO Bond (obbligazioni convertibili) ora prezzano un rischio maggiore rispetto al mercato dei bond. Tutte queste emissioni verranno ri-prezzate. L’impatto sarà devastante per le obbligazioni AT1 (Tier 1) con la conseguenza che la raccolta del capitale da parte delle banche sarà già da oggi più costosa.
Come reagiranno le banche centrali a questo cigno nero?
Oltre alla liquidità già immessa nel sistema, la Fed è pronta a ricominciare con il Quantitative Easing (mirato e non più a pioggia) perché ora la priorità è quella di mantenere efficiente il sistema interbancario, relegando d’un colpo inflazione e paure recessive in secondo piano. Credit Suisse, banca certamente sistemica, non è paragonabile a Lehman Brothers per magnitudo e conseguenze sul mercato dell’investment. Però ha fatto suonare (dopo Silicon Valley Bank e le altre banche regionali Usa) un campanello d’allarme fortissimo: è tornata la cavalleria! Uscire dal settore bancario!
La Fed probabilmente rialzerà i tassi come previsto questa settimana ma il segnale di inversione non potrebbe essere più chiaro e il mercato lo ha inteso velocemente. Torna il “bad is good”?
Forse sì ma anche in questo caso non salirà/scenderà tutto ma assisteremo a dei distinguo.
Soprattutto, non sarà una discesa all’unisono ma una crisi che viene combattuta con il bisturi e non con il machete.
In primis, scenderà il settore bancario (azioni e obbligazioni) a causa di tassi elevati, raccolta capitale più costosa e soprattutto per terrore di un secondo Credit Suisse. Ad avere la peggio in questo caso potrebbe essere il settore delle obbligazioni bancarie che verranno riprezzate.
Se il quadro recessivo venisse confermato e la Fed iniziasse a tagliare i tassi nei prossimi mesi, a rimetterci un po’ di penne sarà anche il dollaro, che inizierebbe una discesa importante.
Di contro, salirà l’oro ma soprattutto si riprenderà tutto il settore azionario legato alla tecnologia e alla robotica, vale a dire che i titoli Growth torneranno a sovraperformare i Value.
Perché?
In questo momento il mercato sta facendo un scelta abbastanza puntuale su cosa far salire e cosa no. E, memore del fallimento non controllato di Lehman nel 2008, si è accorto che le banche centrali hanno da subito impostato un’altra strategia, quella di chi è in grado di aggiustare la situazione e di fermare il cortocircuito. Se nei prossimi giorni non si verificherà un altro contagio, le Borse potrebbero stabilizzarsi con settori che salgono e altri che scendono.
In ogni caso, riteniamo che il picco dei tassi (e con esso il Quantitative Tightening) sia terminato, che vi sia un QE “on demand” e che, memore della figuraccia fatta lo scorso autunno dalla Bank of England, la Fed abbia prudentemente visto lungo e non si sia fatta trovare impreparata.