Investing.com -- Nell’ultimo anno la corsa dell’inflazione ha spinto le Banche centrali ad alzare i tassi a un livello mai visto negli ultimi decenni. Tuttavia, nonostante le scelte di politica economica abbiano contribuito al raffreddamento dell’economia, l’obiettivo di un’inflazione al 2% è ancora lontano.
Intanto, i governatori sono sempre più divisi sul da farsi. Mentre cresce il coro dei contrari ad ulteriori rialzi tra i banchieri Bce, la Federal Reserve deve fare i conti con un’inflazione leggermente superiore alle previsioni e un mercato del lavoro resiliente.
Se i regolatori decideranno di volta in volta in base ai dati, gli investitori devono essere pronti ad ogni evenienza. Ma allora come si costruisce il portafoglio in un momento d’incertezza? Lo spiega Alvaro Sanmartin, chief economist di Amchor IS che elenca anche quattro rischi da monitorare per capire se l’economia stia effettivamente virando verso la recessione.
“Continuiamo a prevedere un atterraggio morbido per la grande maggioranza dei paesi”, osserva Sanmartin. “È molto probabile che l’economia statunitense rallenti e inizi a crescere un po’ al di sotto del potenziale prima della fine dell’anno. Continuiamo a ritenere che l’Eurozona possa ottenere una crescita positiva, anche se moderata, a partire dal quarto trimestre. La crescita leggermente inferiore al potenziale sia negli Stati Uniti che in Europa, unita ad aspettative di inflazione che rimangono ben ancorate e a un’immigrazione che sta aumentando l’offerta potenziale, creano il contesto adatto per un calo significativo dell’inflazione core entro la metà del prossimo anno su entrambe le sponde dell’Atlantico”.
Tali sviluppi, secondo l’economista, dovrebbero indurre sia la Fed che la Bce a non aumentare nuovamente i tassi di interesse in questo ciclo, anche se, come il mercato sta imparando a sue spese nelle ultime settimane, è molto probabile che i tassi rimarranno alti ancora per un po’ di tempo. “Riteniamo che la Cina mostrerà un certo miglioramento nell’ultima parte dell’anno e riteniamo anche che il Giappone sia sulla strada giusta per stabilizzare l’inflazione intorno al 2%”.
Recessione in arrivo? Quali sono i rischi da monitorare
Dopo aver precisato la view di Amchor IS, il capo economista prende anche in considerazione quattro rischi economici che potrebbero far deragliare queste previsioni.
“Il primo dei rischi riguarda la possibilità che il recente spostamento verso l’alto dell’intera curva dei tassi reali finisca per generare una debolezza economica maggiore di quella che ci aspettiamo, forse al punto da spingere le principali economie più o meno immediatamente in recessione.
Il secondo rischio è un eccesso di forza della domanda aggregata, in particolare nel caso dell’economia statunitense. La sequenza degli eventi potrebbe essere la seguente: la crescita potrebbe rimanere al di sopra del potenziale; stando così le cose, ci sarebbero poche ragioni per aspettarsi cali sostenuti dell’inflazione core e non sarebbe irragionevole che i salari potessero ricominciare a salire. Di fronte a tutto ciò, le banche centrali non avrebbero altra scelta che riprendere i rialzi dei tassi. Il risultato potrebbe essere una recessione a partire dalla metà del 2024.
Il terzo rischio per il nostro scenario riguarderebbe un possibile shock negativo dell’offerta, magari associato a un rapido aumento del prezzo del petrolio.
Infine, un altro rischio che non possiamo trascurare di menzionare è quello associato a un’eventuale perdita di fiducia del mercato nella sostenibilità del debito pubblico in alcuni paesi. Se ciò dovesse accadere, potremmo assistere a un significativo inasprimento delle condizioni finanziarie che, a sua volta, renderebbe molto difficile per le economie interessate evitare di entrare in recessione”.
Market view
Sanmartin, poi, procede con l’analisi dei principali segmenti di mercato. “Per quanto riguarda le obbligazioni governative preferiamo continuare a puntare sulla parte breve della curva (fino a 2 anni), almeno fino a quando non vedremo qualche segnale di rallentamento dell’attività economica statunitense. Nell’Eurozona riteniamo che si debba mantenere un atteggiamento cauto sul debito periferico, in attesa che i Paesi più indebitati siano in grado di produrre strategie di consolidamento fiscale ragionevolmente credibili. Per quanto riguarda il Giappone, la nostra previsione rimane che il rendimento a 10 anni tenderà a salire sensibilmente tra 6-9 mesi”.
In campo azionario secondo l’analista il segmento di mercato value/ciclico (comprese le banche europee) dovrebbe fare meglio di quello growth/difensivo. “Dal punto di vista geografico, alla luce di quanto sopra e dei livelli di valutazione relativi, preferiamo i mercati europei e asiatici a quelli statunitensi”.
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Sul credito “preferiamo le obbligazioni societarie perché nel nostro scenario macro i tassi di default non dovrebbero aumentare troppo. In ogni caso, dato che gli spread non sono particolarmente elevati, riteniamo sensato combinare l’esposizione al credito con posizioni ben selezionate in obbligazioni governative emergenti in valuta locale”, sottolinea Sanmartin prima di concludere con un’analisi in ambito valutario.
“Puntiamo solo su un’esposizione molto moderata al dollaro Future Indice del Dollaro, perché riteniamo che il rallentamento degli Stati Uniti arriverà presto. Visti i buoni segnali che il Giappone sta generando, riteniamo che lo yen possa essere una buona copertura per il resto dell’anno. Per il resto, manteniamo una visione positiva su valute come la corona norvegese, il dollaro neozelandese e il dollaro australiano; continuiamo, inoltre, ad apprezzare le valute dei paesi emergenti con una buona governance macro e prospettive di crescita economica favorevoli”.
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