di Giancarlo Navach
MILANO (Reuters) - La parità di genere nei consigli delle società quotate passerà al 40% nei prossimi anni anche se già oggi, grazie agli effetti della legge Golfo-Mosca 120 del 2011, non siamo poi così lontani da questo livello come presenza femminile nei board.
Nell'ambito della legge finanziaria, il Senato ha votato un emendamento che modifica alcuni punti della legge sulla parità di genere: l'estensione per altri 3 mandati rispetto ai 3 previsti dalla norma approvata nel 2011 e l'elevazione della quota di genere da un terzo a due quinti, vale a dire al 40%.
Quando l'ex parlamentare del Pdl Lella Golfo presentò la legge nove anni fa le donne nei consigli di amministrazione delle società quotate erano solo 170, contro gli oltre 2.700 uomini, con una quota intorno al 6%. "In quello stesso momento Bankitalia ci consegnò una ricerca che per raggiungere il 30% avremmo impiegato 50 anni", sottolinea Golfo, oggi presidente della Fondazione Bellisario.
Secondo i dati della Fondazione, oggi la presenza femminile si aggira intorno al 38% nei Cda e a oltre il 40% nei collegi sindacali.
Un recentissimo studio di Credit Suisse "The CS Gender 3000 in 2019", colloca il Paese al quinto posto a livello mondiale, preceduto solo da Svezia, Belgio, Norvegia e Francia, che consolida la leadership con un 44,4% di donne nel Cda.
"Il beneficio principale derivante dall'introduzione delle quote è il miglioramento della qualità dei Cda in generale", spiega Maria Elena Cappello, consigliere di amministrazione indipendente di Mps (MI:BMPS), Prysmian (MI:PRY), Saipem (MI:SPMI) e Tim (MI:TLIT).
A fare da volano nei Paesi ai vertici per quote di genere sono state tuttavia le imposizioni previste dalle leggi sulle quote, pari ad almeno un terzo del totale dei componenti dei consigli. E, quindi, anche in Italia difficilmente si sarebbe arrivati a queste percentuali senza una legge.
Diverse importanti aziende italiane hanno tuttavia deciso di modificare lo statuto per rendere permanente l'equilibrio di genere nei Cda e nei collegi sindacali. L'ultima è stata Snam (MI:SRG), che ha recepito la legge Golfo-Mosca in maniera definitiva. E prima l'avevano fatto anche altri colossi come Enel (MI:ENEI) e Leonardo, per citarne alcuni. Questo cambiamento in un Paese che non è generalmente noto per favorire le carriere femminili è stato accolto con favore, anche se molti ammoniscono che c'è ancora parecchio da fare per raggiungere un vero equilibrio, soprattutto nella leadership delle aziende. Secondo l'ex banchiere Alessandro Profumo, ora numero uno di Leonardo, il ranking raggiunto dall'Italia è "un ottimo segnale". E tuttavia, sostiene il manager interpellato da Reuters sul tema, "il dato confortante che riguarda il numero di donne nei Cda, purtroppo, non corrisponde ancora ad un altrettanto significativo consolidamento del ruolo femminile in posizioni apicali all'interno delle imprese. Ritengo che ci sia ancora molta strada da fare nel Paese. Occorre un profondo cambiamento di mentalità".
"Purtroppo solo il 7% di donne ricopre il ruolo di AD in Italia. E su questo bisogna ancora lavorare nelle aziende. Ma sono convinta che un circolo virtuoso è partito perché le donne nei Cda fanno domande e vogliono risposte", conclude Lella Golfo.
Dopo il via libera del Senato di ieri sera, Il provvedimento tornerà alla Camera per l'approvazione finale entro la fine dell'anno.