di Valentina Za e Giuseppe Fonte
MILANO (Reuters) - La conclusione dell'aumento di capitale del Monte dei Paschi di Siena (BIT:BMPS) a inizio novembre sarà solo il primo passo del complesso processo di messa in sicurezza della banca toscana.
Dopo aver sondato potenziali partner durante la fase preparatoria dell'aumento di capitale, senza riuscire a coinvolgere i possibili pretendenti nell'operazione, tecnici del Tesoro e management della banca non lasceranno passare molto tempo prima di tornare a battere le strade che consentano di rispettare gli impegni con la Ue e quindi ridurre l'attuale quota pubblica del 64%, riferiscono due fonti vicine al dossier.
La proroga che l'Italia ha negoziato con la Commissione europea della scadenza di fine 2021 per la privatizzazione scavalca il 2023, ma il cantiere M&A si riaprirà già nei prossimi mesi, dicono le fonti.
La brusca fine delle trattative con UniCredit (BIT:CRDI) esattamente un anno fa non ha lasciato malanimo, sottolineano le fonti, e non è motivo di preclusione ad un nuovo round negoziale.
Una delle fonti spiega in particolare che UniCredit e Banco Bpm (BIT:BAMI) rimangono tuttora come le principali opzioni sul tavolo ai fini di una aggregazione con Mps.
Il numero uno di UniCredit, Andrea Orcel, ha più volte dato per chiuso il dossier Mps dopo che il Tesoro si è rifiutato di mettere sul tavolo i 6,3 miliardi di euro chiesti dall'istituto di Piazza Gae Aulenti per acquisire la banca senese.
Banco Bpm (BIT:PMII) ha cercato a lungo un partner coltivando l'ambizione di creare un terzo polo dietro Intesa (BIT:ISP) e UniCredit, sebbene l'amministratore delegato Giuseppe Castagna, in lizza per un nuovo mandato in primavera, a fine settembre abbia dichiarato conclusi infruttuosamente gli sforzi per procedere a una fusione. Ancora recentemente, Castagna ha negato ogni interesse per il Monte.
Un'operazione con Mps tuttavia potrebbe diluire la presenza francese nel capitale di Banco, sottolinea una delle fonti, segnando un chiaro argine alle ambizioni di Credit Agricole (EPA:CAGR), che Roma non vede come un problema nella misura in cui il gruppo transalpino, come dichiarato, non punti al controllo della terza banca italiana.
(Valentina Za e Giuseppe Fonte)