Nella giornata del 23 Febbraio 2022 il titolo Campari (MI:CPRI.MI) è affossato sulla borsa di Milano.
Da inizio anno la società è scesa del 28%.
Le vendite sono scattate successivamente alla presentazione del reseconto finanziario del 2021.
Nonostante le vendite siano aumentate in modo significatico di circa il 22% (con una crescita organica rispetto al 2019 del 20%) e con un utile netto di 307 milioni di euro, in aumento di circa il 50%, il mercato non ha visto di buon occhio le dichiarazioni della società.
Il CFO Paolo Marchesini ha fatto notare che la pressione sui costi dei materiali tenderà ad intensificarsi nel 2022, posticipando il miglioramento della marginalità.
Ha così dichiarato: "Tenderemo ad avere un margine organico dell'Ebit sulle vendite sotanzialmenete invariato nel 2022". Ha poi aggiunto: "Questa sono stime prudenti, la momentanea pressione sui costi dei materiali andrà ad intensificarsi nell'anno corrente ma, siamo fiduciosi sulla traiettoria dei nostri brand".
Dal mio punto di vista la reazione del mercato è stata esagerata: Campari (CPRI.MI) è un azienda assolutamente in grado di superare problematiche come queste e di compensare l'aumento dei prezzi delle materie prime con l'aumento dei prezzi di vendita.
Oltre ciò i continui investimenti in marketing e un Capex di 135 milioni nel 2021 fanno ben sperare su una crescita futura sostanziosa.
L'azienda ha un ottimo bilancio e adegute prospettive, non credo però che le attuali valutazioni siano estremamente interessanti, se non per un investimento in tranche e di lunghissimo termine (il mio preferito).
Secondo i miei calcoli con un flusso di cassa gratuito che potrebbe oscillare tra i 500 e i 700 milioni di euro nei prossimi 10 anni, la società avrebbe un valore intrinseco ipotetico stimato in un range fra i 10,5 euro e gli 11,5 euro per azione.
Non vi è quindi uno sconto eccessvio rispetto alla valutazione del mercato azionario.