Quanto ci vorrà prima che il greggio sia scambiato sotto i 20 dollari?
È una domanda che certamente ci poniamo tutti, anche se un’altra cosa da chiedersi è cosa succederà allo scisto a questi prezzi.
Il greggio West Texas Intermediate, il riferimento per il greggio USA, per meno di un dollaro non ha infranto il supporto di 20 dollari al barile negli scambi asiatici, con la settimana che si è aperta con altre orrende notizia sul coronavirus in Italia ed Europa.
Grafico prezzi settimanali dei future WTI
Negli Stati Uniti, la crisi ha raggiunto una nuova dimensione con almeno un membro del Senato che sarebbe contagiato e molti altri in quarantena volontaria, mentre l’assemblea fatica a trovare un terreno comune tra il partito del Presidente Donald Trump ed i rivali Democratici circa l’enorme pacchetto di aiuti per la pandemia.
I casi totali di Covid-19 negli USA hanno raggiunto quasi le 35.000 unità, con un tasso di crescita di 2.000 al giorno, mentre i morti sfiorano i 500.
È importante ricordare che, a prescindere dallo stimolo o da qualunque manovra diplomatica il governo Trump abbia in mente per ricostruire il patto sulla produzione OPEC+ saltato tra il Cremlino e Riad, la domanda fisica di greggio impiegherà del tempo per riprendersi.
Il WTI a meno di 20 dollari sembra più plausibile che mai, con centinaia di milioni di persone chiuse nelle proprie case, che non guidano, non prendono aerei o non fanno le solite cose che generalmente comportano un consumo di greggio.
Il più grande surplus di greggio mai registrato è all’orizzonte
“Il più grande surplus di greggio che il mondo abbia mai visto in un solo trimestre colpirà il mercato globale a partire da aprile, creando uno squilibrio di circa 10 milioni di barili al giorno”, scrivono in una nota gli analisti di Rystad Energy.
Le scorte potrebbero superare la domanda di una media di circa 6 milioni di barili al giorno nel 2020, risultando in un aumento dell’accumulo di 2,0 miliardi di barili al giorno delle scorte quest’anno, stima l’agenzia.
“In base alle nostre approfondite analisi, abbiamo scoperto che il mondo al momento ha scorte di circa 7,2 miliardi di barili di greggio e prodotti, compresi 1,3-1,4 miliardi di barili attualmente a bordo delle petroliere in mare”, aggiungono gli analisti.
Inoltre, l’agenzia stima che, in media, il 76% della capacità di scorte mondiale sia già piena ed i tassi medi di riempimento attuali indicati dai bilanci sono insostenibili.
“Al tasso attuale di riempimento delle scorte, i prezzi sono destinati ad avere lo stesso destino del 1998, quando il Brent è crollato al minimo storico di meno di 10 dollari al barile”, afferma Paola Rodriguez-Masiu, analista senior dei mercati petroliferi di Rystad Energy.
Di conseguenza, potrebbero seguire tagli di spese in conto capitale e del numero di impianti
Come fa notare Dominick Chirichella dell’Energy Management Institute a New York, la produzione di greggio USA è rimasta al massimo storico di 13,1 milioni di barili al giorno la scorsa settimana, malgrado il numero degli impianti sia sceso di 152 unità, o del 18%, su base annua.
I trivellatori USA al momento hanno attivi 664 impianti rispetto al massimo dell’ottobre 2014 di 1.609, ma producono 4,23 milioni di barili al giorno di greggio in più. “Si tratta di un aumento della produzione pari a 3,6 volte di più per ogni impianto”, afferma Chirichella.
In effetti, se il greggio USA dovesse scendere sotto i 20 dollari, o restare per un periodo prolungato sotto i 30, il caos finanziario subito dai produttori di scisto stessi potrebbe risolvere in parte il problema per l’OPEC+ ed i mercati.
“Assisteremo ad un nuovo livello di tagli delle spese in conto capitale e ad una disciplina della produzione che potrebbe sorprenderci”, afferma John Kilduff, socio fondatore dell’hedge fund energetico di New York Again Capital, aggiungendo:
“È l’unica scelta che hanno i trivellatori USA: tagliare o andare in bancarotta”.
Finora nel 2020, solo un’azienda dello scisto USA, Pioneer Energy Services (OTC: PESXQ), ha fatto domanda di bancarotta.
Ma su molte altre, come Chesapeake Energy (NYSE:CHK) e Whiting Petroleum (NYSE:WLL), gravavano già pesanti debiti prima del tonfo del 55% del prezzo del greggio di questo mese. Molti hanno ora deciso di tagliare spese, esplorazioni e produzione.
Pioneer, uno dei principali produttori nel Bacino Permiano in Texas e New Mexico, ha reso noto di stare adottando una serie di modelli per una produzione minore per decidere il da farsi.
Anche EOG Resources (NYSE:EOG) ha annunciato dei tagli, Diamondback Energy (NASDAQ:FANG) ha ridotto le squadre di completamento da nove a sei, mentre Parsley Energy (NYSE:PE) ha abbassato le previsioni sui flussi di cassa disponibili del 2020 ad almeno 85 milioni di dollari, rispetto ai precedenti 200 milioni. Continental (NYSE:CLR) ha dichiarato che ridurrà la media degli impianti nell’area di Bakken da 9 a 3 e in Oklahoma da 10,5 a 4.
Oro tra l’incudine e il martello
Nel caso dell’oro, un nuovo test dei livelli di 1.500 dollari è probabile questa settimana, sebbene resistere a quel livello possa essere un problema.
I future dell’oro hanno toccato il minimo di otto mesi di poco più di 1.450 dollari l’oncia la scorsa settimana, estendendo il crollo della settimana precedente del 9,3%, il peggiore in 37 anni. Il metallo giallo ha perso l’appiglio a 1.500 dollari con gli investitori che hanno liquidato le long per raccogliere denaro, mentre il Dow crollava sotto il livello chiave di 20.000 punti.
Grafico prezzi settimanali dei future dell’oro
“L’oro si trova davvero tra l’incudine e il martello e questo sta ridimensionando la sua caratteristica di asset rifugio”, afferma Tariq Zahir, fondatore di Tyche Capital Advisors a New York, che gestisce un programma macro sulle materie prime globali.
“Per ora, tutti gli occhi sono puntati sullo stoicismo del Dow, sebbene per qualcuno ciò significhi anche un’opportunità di acquisto per entrare [nell’oro] a meno di 1.500 dollari”.