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Il rapporto USA non riesce a fermare l’apprezzamento dello JPY

Pubblicato 02.05.2016, 10:52
Aggiornato 07.03.2022, 11:10
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All’apertura della nuova settimana di contrattazioni, la propensione al rischio in Asia è bassa, l’USD/JPY è sceso ai minimi da 18 mesi. La coppia è calata a 106,28 sulla scia dei dati economici; il PMI manifatturiero di aprile ha mostrato una flessione a 48,2 punti rispetto alla stima preliminare pari a 48,0 e al dato definitivo di marzo pari a 49,1 punti. In Asia, i mercati azionari regionali si sono mossi in territorio negativo, guidati dal brusco calo del Nikkei, sceso del 3,50%.

I volumi di scambio sui mercati azionari sono stati comunque ridotti, perché Cina, Hong Kong e Singapore sono rimasti chiusi per la Festa del Lavoro. Di recente, il ministro delle Finanze giapponesi Taro Aso ha osservato che il recente apprezzamento dello yen riflette un incremento delle attività speculative e che il Giappone è pronto a reagire. La conferma della volontà di condurre interventi diretti sul forex arriva nonostante il rapporto semiannuale del Ministero del Tesoro al Congresso in cui si afferma che il Giappone (ma anche la Cina, la Corea del Sud, Taiwan e la Germania) utilizza la svalutazione competitiva per avere dei vantaggi nelle esportazioni.

Nel rapporto si ricorda quanto sia importante che i paesi si attengano agli accordi del G7 e del G20 sulla politica dei tassi di cambio. Anche se gli interventi verbali dovrebbero far scendere l’USD/JPY a 105, sospettiamo che l’intervento sul forex sia un tentativo estremo, perché un approccio unilaterale per far salire in modo considerevole l’USD/JPY, senza una ripresa delle aspettative sul rialzo del tasso della Fed, sarebbe inutile.

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Sui mercati forex, l’USD si è indebolito rispetto al G10 ed ha avuto un andamento contrastato contro le valute dei mercati emergenti asiatici, fornendo agli operatori pochi indizi sulla direzione che avrà questa settimana. Poiché la Fed ha segnalato due rialzi di 25 punti base nel 2016 e viste le aspettative di un rialzo del tasso a giugno, anche se noi ne prevediamo uno solo, non vediamo ragioni valide per un apprezzamento dell’USD nel breve termine. Questa settimana vari membri della Fed interverranno in pubblico, segnalando potenzialmente una svolta nelle prospettive per la riunione di giugno. Inoltre, i mercati dovrebbero assistere a un altro solido rapporto sulle buste paga, il dato NFP di aprile dovrebbe superare le 200 mila unità. Anche se i mercati ormai sono insensibili a dati positivi sul mercato occupazionale, un risultato solido dovrebbe far ripartire le voci sul mercato, che farebbero salire l’USD nel breve termine.

A ulteriore prova della stabilizzazione in corso in Cina, il PMI manifatturiero si è attestato a 50,1 punti rispetto ai 50,4 previsti. Il PMI non manifatturiero cinese di marzo si è indebolito, attestandosi a 53,5 punti rispetto ai 53,8 precedenti. Sebbene i due PMI manifatturieri siano sopra la soglia dei 50 che indica un’espansione, consideriamo queste cifre come segnali di una stabilizzazione e non una prospettiva per un’accelerazione futura.

In Australia, l’indice sulle condizioni delle imprese di aprile è scivolato a 48,2 punti rispetto al dato definitivo di marzo pari a 49,1 punti, mentre la fiducia delle imprese è scesa 5 punti dai 6 registrati a marzo. Inoltre, l’indice australiano AIG sull’andamento del manifatturiero è scivolato di 4,7 punti, a quota 53,4.

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I deludenti dati australiani e l’indebolimento dei prezzi delle materie prime non hanno avuto un impatto sull’AUD/USD, la coppia si è consolidata intorno a 0,7610. Il crollo inatteso dell’inflazione di fondo in Australia della scorsa settimana e i dati deboli sula crescita probabilmente spingeranno al RBA a tagliare il tasso di riferimento di 25 punti base, portandolo all’1,75%. Rimaniamo ribassisti sull’AUD e consideriamo i corti in AUD/JPY lo strumento per concretizzare il nostro giudizio.

Oggi in calendario abbiamo le vendite al dettaglio in Svizzera, il PMI manifatturiero di Markit nell’UE e i dati ISM negli USA.

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