Mercoledì i principali listini USA hanno ceduto il 4,40% circa, ma questa volta le vendite sono partite dai mercati europei, dopo che le maggiori banche del vecchio continente hanno annunciato che nel 2020 non pagheranno dividendi. Gli investitori, che hanno già subito perdite astronomiche durante la recente ondata di vendite, sono rimasti delusi nel sentire che perderanno anche i ricavi provenienti dai dividendi. Tuttavia le banche, come altre società, devono tenersi stretto il denaro per sopravvivere al rallentamento senza precedenti dell’attività. Questo è l’unico mondo per mantenere un bilancio sano, in vista del notevole calo dei ricavi e, forse, della maggiore necessità di erogare prestiti.
Il taglio dei dividendi ha gettato scompiglio sui titoli delle banche europee. Nel Regno Unito, c’è stato un crollo di Lloyds (-11,66%), Barclays (LON:BARC) (-11,95%), HSBC (-9,52%) e Royal Bank of Scotland (-5,23%). In Francia, Credit Agricole (PA:CAGR) (-5,17%), BNP Paribas (-5,96%) e Societe Generale (-9,53%) hanno avuto un andamento simile. A Francoforte Deutsche Bank (DE:DBKGn) (5,54%) ha registrato le perdite più marcate.
Ora, nonostante questa reazione d’impulso, da una prospettiva aziendale di medio-lungo termine, mantenersi liquidi è la decisione giusta. Ci aspettiamo pertanto un certo livello di tolleranza per la perdita dei dividendi, e un recupero dei titoli bancari.
In Asia, le contrattazioni sono state da piatte a positive. L’attività sui future USA ed europei suggerisce un andamento da piatto a positivo per la seduta di giovedì.
L’umore del mercato, però, sarà comunque offuscato dalle sgradevoli notizie sulla diffusione del coronavirus in Europa e negli Stati Uniti. Anche se l’OMS ha annunciato che l’Europa sarebbe vicina al picco, questa settimana Francia e Spagna hanno registrato i giorni con il maggior numero di vittime e ancora non si vede un’inversione di tendenza nel numero di contagi e decessi. Nel frattempo, a New York e nel New Jersey il numero di morti è raddoppiato negli ultimi tre giorni. Solo a New York ci sono stati 2000 decessi e negli USA l’età media è inaspettatamente più bassa rispetto agli altri paesi.
I dati economici, invece, sono stati contrastanti. Il rapporto ADP ha sorpreso con un calo di 27.000 posti di lavoro nel settore privato, rispetto alla flessione di 150.000 unità previste dagli analisti. Il PMI manifatturiero elaborato da ISM si è attestato appena sotto i 50 punti a marzo, un risultato sorprendentemente positivo, con il rischio, però, di assistere a una flessione spostata in avanti, nelle prossime settimane, dovuta alla chiusura delle attività economiche. Il dato di oggi sulle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione dovrebbe invece mostrare un’altra settimana catastrofica. Gli analisti prevedono un balzo, per la seconda settimana consecutiva, superiore a 3 milioni di richieste, e il dato potrebbe segnalare un crollo ancor più marcato, dal momento che, la scorsa settimana, le aziende USA hanno fermato gradualmente l’attività per arginare la diffusione del virus.
Finora, però, la notizia più scioccante per gli investitori è arrivata dalle scorte settimanali di greggio. Stando agli ultimi dati dell’EIA, la scorsa settimana le scorte di greggio USA si sono impennate a 13,84 milioni di barili, il balzo settimanale più marcato dal 2016, e le scorte di benzina sono salite a 7,5 milioni di barili. Queste cifre sono molto più alte delle stime degli analisti, pari rispettivamente e 3,7 e 1,95 milioni di barili. Nel frattempo, a marzo sono aumentate le forniture dell’OPEC, perché l’Arabia Saudita ha mostrato i muscoli dopo che il veto russo al taglio della produzione aveva scatenato una guerra sui prezzi fra i maggiori produttori di petrolio.
Tuttavia, nonostante la crescente eccedenza di offerta, il greggio WTI ha mantenuto il supporto a $20 al barile. In primo luogo perché l’aumento della produzione saudita viene compensato dal calo della produzione altrove, per effetto dei prezzi del petrolio molto bassi. Il Canada, ad esempio, ha chiuso le raffinerie di sabbie bituminose per sopravvivere alle condizioni di mercato insostenibili. In secondo luogo, l’enorme balzo delle scorte USA alimenta le aspettative di un accordo fra Arabia Saudita e Stati Uniti.
I mercati valutari hanno reagito con un rapido movimento verso i beni rifugio. L’USD si è rafforzato sulla scia della nuova ondata di vendite che ha investito azionario e valute rischiose. Il rendimento dei decennali USA è scivolato sotto la soglia dello 0,50%.
L’oro non ha mostrato compassione per chi cercava protezione, scambiando sotto i $1600 l’oncia.
L’EUR/USD è sceso a 1,09. L’avversione al rischio dovrebbe continuare a pesare sulla coppia, fornendo supporto al dollaro USA. A questo punto, anche risultati negativi dagli USA dovrebbero tradursi in un dollaro USA più forte, dal momento che il biglietto verde è il bene rifugio per eccellenza per gli investitori e che la Fed si è già spinta ai limiti nel fornire supporto monetario.
Il cable, dal canto suo, continua a trovare una discreta resistenza sotto il livello a 1,25.