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La Fed non delude le attese

Pubblicato 14.12.2023, 08:12
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“Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove"

 (Pino Cacucci)

La Fed non delude le attese. La Banca Centrale statunitense ha lasciato i tassi invariati per la terza seduta consecutiva, il livello più alto degli ultimi 22 anni ma dai dot plot è uscita la sorpresa: l’attesa mediana è per tre tagli, quindi di 75 punti base, nel 2024. In questa ipotesi il costo del denaro scenderà nella forchetta 4,5-4,75% (rispetto al 5-5,25% indicato a settembre). Dopo la decisione la probabilità di un primo taglio di 25 punti base già nella seduta del 20 marzo 2024 è salita al 63%, mentre un secondo taglio dovrebbe avvenire nella seduta successiva, per poi chiudere il semestre con un'ultima revisione al ribasso. E se nel frattempo i dati macro dovessero confermare il trend di rallentamento dell’inflazione al target indicato dalla Fed, ovvero il 2%, allora nella seconda parte dell’anno ci potrebbero essere ulteriori 3 revisioni per un totale di 6 in tutto il prossimo anno. Il punto di arrivo sarebbe quindi il 3,25-3,50%. Se guardiamo al rendimento del T-Bond a 10 anni, tornato oggi al minimo da agosto, non siamo molto distanti. La decisione della Fed ha ovviamente alimentato il rally che ha spinto Wall Street in deciso rialzo: S&P 500 e Nasdaq tutti in rialzo di oltre l’1%. Ma ancora più interessante l’andamento del Russel 2000, ovvero l’indice delle small cap, +3,7%. Le Borse europee non hanno risentito dell’annuncio essendo già chiuse ma oggi, con la riunione della Bce è possibile che l’ottimismo si diffonda anche nel nostro continente.

Don't cry for me Argentina

Come promesso in campagna elettorale, il neoeletto presidente dell’ArgentinaJavier Milei, ha subito avviato il proprio programma di “risanamento” finanziario annunciando una svalutazione di oltre il 50% rispetto al dollaro della valuta nazionale: da 391 a 800 pesos per dollaro. Una mossa che si pone l’obiettivo di rivitalizzare l’economia attraverso le esportazioni ma che nello stesso tempo potrebbe riaccendere l’inflazione considerato che l’Argentina dipende quasi totalmente dall’estero sul fronte dell’energia e i suoi derivati, utilizzati molto anche in agricoltura. Il rischio quindi è quello dell’iperinflazione in un paese in un cui già 4 abitanti su 10 vivono in condizione di povertà e i prezzi crescono del 143% annuo. Ma Milei non si è fermato alla manovra valutaria: annunciato il tagliato dei sussidi all’energia, ai trasporti, la riduzione dei ministeri da 18 a 9 e dei segretari di Stato da 106 a 54, lo stop alle gare d'appalto per le opere infrastrutturali. La drastica cura del neo Presidente ha già ricevuto una prima approvazione da parte del Fondo Monetario Internazionale: dopo "i gravi insuccessi politici degli ultimi mesi questo nuovo pacchetto fornisce una buona base per ulteriori discussioni volte a riportare sulla strada giusta l'attuale programma sostenuto dal Fondo”. Secondo gli esperti quelle avviate dal Governo argentino sono: “azioni coraggiose che mirano a migliorare significativamente le finanze pubbliche in modo da proteggere i più vulnerabili e rafforzare il regime dei cambi. La loro decisiva attuazione contribuirà a stabilizzare l'economia e a gettare le basi per una crescita più sostenibile e guidata dal settore privato”.

Patto instabile

Possibile un veto italiano sul nuovo Patto di Stabilità. Sembrava fatta e invece l’Unione Europea non ha ancora preso una decisione, attesa per la fine dell’anno, sul nuovo sistema di regole in materia di finanza pubblica a cui si devono attenere i diversi Paesi. Oggi e domani si svolgerà il Consiglio Europeo è alla vigilia la Premier Giorgia Meloni ha dichiarato che le posizioni sono ancora distanti, c’è qualche spiraglio la ma trattativa che rimane comunque molto complessa. L’Italia continua a rivendicare una riforma del Patto Stabilità e Crescita, che escluda le spese e le gli investimenti legati alle riforme e alla transizione energetica. Secondo il Governo la posizione italiana si deciderà alla fine, sulla base di una valutazione per l’interesse nazionale tanto che non si esclude alcuna scelta, neanche quella di porre un veto. Occorre però essere consapevoli che se non si trova un accordo si torna ai precedenti parametri pre pandemia, che avevano costretto l’Italia a pesanti tagli alla spesa e agli investimenti contribuendo a frenare frenando la crescita per lunghi anni. Uno scenario che però non pare preoccupare gli investitori. Il rendimento del BTP a 10 anni è sceso al 3,9% nuovo minimo da 6 mesi, mentre lo spread è stabile sotto la soglia di 180 punti.

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