In politica, la tempistica è tutto. E lo stesso si può dire dei mercati, soprattutto, in questo momento, di quello del greggio.
Il prezzo del greggio è schizzato di ben il 3% ieri quando la U.S. Energy Information Administration ha sorpreso i mercati riportando che le scorte statunitensi sono scese di quasi 9 milioni di barili la scorsa settimana, contro le stime degli analisti di un aumento di quasi 3 milioni di barili.
Ma anche prima del report dell’EIA il mercato era in salita, per un altro motivo: la risposta, da parte dell’alleanza OPEC+ composta da 25 produttori, ad un tweet del Presidente USA Donald Trump di lunedì in cui chiedeva al gruppo di “prendersela comoda” con i tagli alla produzione, che, secondo lui, stanno facendo salire “troppo” i prezzi del greggio.
Khalid al-Falih, ministro dell’energia dell’Arabia Saudita, leader dell’OPEC, ha risposto in modo altrettanto pungente al tweet ieri, dicendo alla CNBC:
“Ce la stiamo prendendo comoda. Ascoltiamo l’onorabile presidente, capiamo la sua preoccupazione per i consumatori e rassicuriamo tutti, che si tratti di lui o di altri leader dei paesi sviluppati, che siamo altrettanto concentrati sugli interessi dell’economia globale e dei consumatori di tutto il mondo come lo siamo su quelli dei produttori”.
Per sicurezza, il ministro ha aggiunto che i 25 paesi dell’OPEC+ stanno adottando un “approccio molto lento e misurato” nei tagli alla produzione e che il loro interesse è “prima di tutto, la stabilità del mercato”.
Il presidente USA è occupato con la testimonianza di Cohen e la Corea del Nord
Trump, che si trovava dall’altra parte del mondo, ad Hanoi, ad un summit con il leader nordcoreano Kim Jong-un non ha twittato una risposta a Falih ma ha sferrato un colpo a Pyongyang ed alle sue speranze di una denuclearizzazione. La Casa Bianca, tuttavia, stamane ha reso noto che il summit è stato interrotto e che non verrà firmato alcun patto.
Il Presidente USA ieri ha anche twittato a proposito di un’altra questione che lo ha infastidito molto: le accuse, da parte del suo ex avvocato Michael Cohen, secondo cui avrebbe mentito circa gli interessi economici dei russi nella campagna elettorale del 2016, circa le email dei Democratici che hanno compromesso la sua rivale Hilary Clinton e circa i pagamenti sottobanco illegali per mettere a tacere presunte indiscrezioni sessuali.
Tra le preoccupazioni per la testimonianza di Cohen, per la Corea del Nord e per la difficoltà nel raggiungere un accordo commerciale con la Cina, Trump non dovrebbe prestare tanta attenzione all’OPEC e al mercato petrolifero per il momento.
Sarebbe una situazione identica a quella di fine dicembre quando, preso dall’imminente blocco delle attività amministrative USA che alla fine è durato più di un mese, Trump aveva improvvisamente abbandonato la sua campagna per i prezzi del greggio più bassi che aveva contribuito a scatenare il tonfo del 40% nel quarto trimestre.
L’assenza di tweet sul greggio aiuterà l’OPEC a continuare sulla sua strada
Con il Presidente che non pubblicava altri tweet sul greggio (in parte perché aveva ottenuto i prezzi bassi che voleva per le elezioni di metà mandato USA a novembre), l’OPEC+ guidata da sauditi e russi è riuscita a controllare l’andamento del mercato, con un rimbalzo del 35% dei prezzi del greggio dai minimi della Vigilia di Natale.
Avere Trump di nuovo fuori dal mercato probabilmente è un sollievo per Falih e per gli altri funzionari OPEC, dato che non ci sono i tweet del presidente sul greggio a smontare ogni volta l’entusiasmo rialzista, anche solo per un giorno.
Intanto, ci sono opinioni contrastanti su quanto potrebbero salire i prezzi e la domanda di greggio nel 2019.
Il più influente ente di previsioni sul settore energetico di Wall Street, Goldman Sachs, la scorsa settimana ha affermato che il greggio potrebbe raggiungere un picco compreso tra i 70 e i 75 dollari al barile nei prossimi mesi, per poi crollare a 60 dollari nel secondo semestre, in parte per via dell’incessante impennata della produzione statunitense, che ha già raggiunto il record mondiale di 12 milioni di barili al giorno e potrebbe arrivare a 13 milioni prima della fine del 2020.
Le opzioni di Trump contro la determinazione saudita
Si discute ancora molto su cos’altro il Presidente USA (o i membri del Congresso che lo rappresentano) possa fare per far scendere ulteriormente i prezzi del greggio.
Potrebbe usare il “No Oil Producing and Exporting Cartels Act (NOPEC)”, approvato da una commissione congressuale USA il 7 febbraio, per prendere provvedimenti e introdurre sanzioni antitrust contro qualsiasi paese si impegni in patti sulla produzione come quello dell’OPEC.
Trump potrebbe anche cercare di inondare il mercato petrolifero fisico USA con le scorte delle riserve petrolifere strategiche nazionali, che contengono in tutto circa 730 milioni di barili.
Ma con i sauditi determinati a tagliare la loro produzione per quanto sarà necessario per far tornare il mercato ad 80 dollari al barile, un livello segnato dal Brent, il riferimento internazionale, ad ottobre, gli analisti pensano che Trump avrà una vera e propria battaglia da affrontare.
Ieri Falih ha reso noto che, secondo le sue analisi, l’OPEC+ potrebbe dover estendere i tagli alla produzione fino alla fine dell’anno per bilanciare il mercato. L’alleanza si incontrerà di nuovo ad aprile per decidere il da farsi.
Ha affermato il ministro per l’energia saudita:
“I livelli attuali non sono sacrosanti, sono semplicemente il compromesso migliore che siamo riusciti a raggiungere a dicembre”.
“Quindi se a giugno dovessimo capire che abbiamo bisogno di un limite diverso, di un obiettivo diverso rispetto agli 1,2 milioni (di barili), sicuramente ne discuteremo. Ma la via più semplice, ipotizzando che ci sia ancora un esubero, sarebbe continuare”.
Con dei fondamentali simili, le parole o le azioni di Trump potrebbero contare molto meno stavolta, afferma Dominick Chirichella, direttore del rischio e del trading dell’Energy Management Institute di New York e veterano da 40 anni dei mercati energetici.
Spiega Chirichella:
“Ci vorrà molto di più che un paio di tweet del Presidente Trump per sconvolgere il trend rialzista dei prezzi del greggio in atto dalla fine di dicembre”.