Declassamento UniCredit da lista G-SIB mette alla prova istinto M&A di AD Orcel

Pubblicato 01.12.2023, 14:43
Aggiornato 01.12.2023, 14:46
© Reuters. Logo UniCredit su uno smartphone. 3 maggio 2022. REUTERS/Dado Ruvic/Illustration/File Photo
CRDI
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di Lisa Jucca

MILANO (Reuters Breakingviews) - UniCredit (BIT:CRDI) è stata rimossa dalla lista ufficiale degli istituti di credito che sono abbastanza importanti da poter causare una crisi finanziaria. Per l'AD Andrea Orcel si tratta di un momento dolceamaro: c'è una perdita di status, ma senza alcuni dei vantaggi finanziari che potevano derivare dal fatto di non essere più una 'banca di importanza sistemica globale', o G-SIB. Il veterano del dealmaking ha in ogni caso potenza di fuoco sufficiente per ritornare nella serie A delle banche, se lo desidera.

UniCredit, con i suoi 45 miliardi di euro, è stata per anni nella metà inferiore del gruppo 'too-big-to-fail' del Financial Stability Board. La retrocessione di lunedì non è una grande sorpresa. La decisione del predecessore di Orcel, Jean-Pierre Mustier, di vendere la turca Yapi Kredi, finalizzata nel 2022, ha reso la banca molto più piccola e meno internazionale. Orcel si è anche impegnato a ridurne la complessità, uno dei fattori che determinano il punteggio G-SIB di una banca.

L'appartenenza alla 'serie B' comporta vantaggi e insidie. Le banche più piccole possono detenere meno capitale e sono sottoposte a controlli meno frequenti da parte delle autorità di regolamentazione. D'altro canto, alcuni investitori globali potrebbero preferire investire in istituti di credito più grandi, sapendo che sono tenuti a rispettare standard più elevati. Sfortunatamente per Orcel, il potenziale vantaggio patrimoniale, pari all'1% delle sue attività ponderate per il rischio, si è già dissolto. La Banca d'Italia, che ha il ruolo di autorità di regolamentazione di UniCredit, sta imponendo un nuovo buffer dell'1,5%, compensando ampiamente il risparmio derivante dall'esclusione dal gruppo G-SIB.

© Reuters. Logo UniCredit su uno smartphone. 3 maggio 2022. REUTERS/Dado Ruvic/Illustration/File Photo

Orcel ha delle opzioni se vuole rientrare nell'élite. Da quando ha assunto il timone nell'aprile 2021, si è concentrato su attività che assorbono meno capitale. Di conseguenza, la banca dispone di almeno 10 miliardi di euro di equity oltre a quello che le serve per mantenere un Cet1 del 12,5%, un livello al di sotto del quale gli investitori potrebbero innervosirsi, secondo i calcoli di Breakingviews. Ciò è largamente sufficiente per assorbire Banca Monte dei Paschi di Siena (BIT:BMPS), che vale 4 miliardi, o Banco Bpm (BIT:BAMI), che ne vale 8. Potrebbe anche essere sufficiente per tentare un affondo sulla banca svizzera Julius Baer, un grosso player nel private banking, o per fare un'offerta in contanti e azioni per Commerzbank (ETR:CBKG), che ha sovrapposizioni con le attività tedesche di UniCredit.

Naturalmente, Orcel potrebbe anche restituire il capitale in eccesso agli investitori e accontentarsi di una vita in serie B. Per un ex banchiere esperto di M&A, questa sembra la strada più difficile da seguire.

(Tradotto da Chiara Scarciglia, editing Sabina Suzzi)

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