di Giulio Piovaccari e Gilles Guillaume
MILANO/PARIGI (Reuters) - La loro forma potrebbe non evocare esperienze avventurose come fanno le auto sportive o i Suv di tendenza, ma i van sono una rara fonte di profitto per le case automobilistiche europee ed è per questo che l'autorità garante della Concorrenza della Ue si concentra su questa tipologia di veicoli per decidere se approvare una mega fusione all'interno del settore.
L'autorità garante della Concorrenza dell'Unione Europea teme che la fusione proposta da Fiat Chrysler (MI:FCHA) e da Psa, casa madre di Peugeot, potrebbe danneggiare la concorrenza nel mercato dei furgoncini.
Con un totale di 755.000 furgoni venduti lo scorso anno in Europa, le quote di mercato combinate di Fiat Chrysler (Fca) e Psa raggiungerebbero il 34%, secondo i dati di settore, più del doppio di Renault (PA:RENA) e Ford, ognuna delle quali possiede il 16%.
Seguono Volkswagen (DE:VOWG) e Daimler con una quota di mercato rispettivamente del 12% e del 10%.
"I furgoni commerciali sono importanti per privati, Pmi e grandi aziende per la consegna di beni o per fornire servizi ai clienti", ha riferito in una nota il commissario europeo per la Concorrenza Margrethe Vestager, annunciando l'avvio di un'indagine approfondita nei confronti della proposta di fusione.
"Rappresentano un mercato in crescita e sono sempre più importanti nella digital economy in cui i consumatori privati fanno sempre maggiore affidamento sui servizi di consegna".
Dario Duse, managing director della società di consulenza AlixPartners, ha detto che la domanda di furgoni non è legata al reddito disponibile degli individui, come succede per le auto, ma piuttosto al Pil e alle tendenze dell'industria, in particolare per quanto riguarda il settore logistico, dove operano colossi come Amazon (NASDAQ:AMZN) o Dhl.
"Quello della logistica è un segmento di business in forte crescita per diverse ragioni tra cui lo sviluppo dell'e-commerce, per il quale sono necessari furgoni efficienti e agili per consegne interne alle città e nelle aree extra-urbane", afferma Duse.
"I veicoli commerciali leggeri (Vcl) potrebbero riprendersi molto più rapidamente rispetto ai veicoli passeggeri nel post Covid-19".
Lo scorso anno in Europa si è registrata una vendita di furgoni di massimo 3,5 tonnellate di peso pari a 2,2 milioni di veicoli, contro i 15,8 milioni di autovetture, secondo i dati forniti da Acea (MI:ACE).
Il mercato dei veicoli commerciali leggeri potrà anche essere secondario in termini di volumi, ma rimane altamente redditizio in un settore in cui i margini sono costantemente sotto pressione.
I margini sono generalmente più alti rispetto a quelli delle autovetture fino a un massimo di 5-10 punti percentuali, secondo AlixPartners.
"Con i Vcl non è necessario soddisfare una serie di aspettative dei consumatori che creano complicazioni e costi aggiuntivi, come nel caso degli interni auto. I clienti di Vcl sono più razionali e votati al business", riferisce Duse.
E mentre il processo di transizione all'elettrico risulta complesso per gli autocarri pesanti, potrebbe giungere prima per i Vcl.
"Se guardiamo al costo totale di proprietà, elemento chiave per il business, i van a batteria elettrica sono già competitivi rispetto a quelli con motori tradizionali", ha aggiunto.
I prezzi nel settore dei furgoni sono supportati dal minore numero di concorrenti e dalla maggiore durata di un prodotto pubblicizzato come investimento a lungo termine per i professionisti.
I prezzi sono inoltre sostenuti dalla possibilità di personalizzare l'offerta. La grande fabbrica di furgoni Renault di Batilly, ad esempio, offre non meno di 350 versioni del modello Master.
A garantire la redditività sono anche le piattaforme ampiamente condivise: Renault produce veicoli per aziende quali Fiat, Nissan, Opel e Daimler. Fca e Psa hanno prodotto per decenni Vcl attraverso Sevel, joint venture paritetica con stabilimento ad Atessa, nel centro Italia, che è l'impianto di assemblaggio furgoni più grande in Europa.
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(Tradotto da Redazione Danzica, in redazione a Milano Gianluca Semeraro, michela.piersimoni@thomsonreuters.com)